GRICIGNANO. «In Italia è difficile fare ricerca. E non si danno opportunità ai giovani». Queste le parole con cui il neo Premio Nobel per la medicina, Mario Capecchi ha salutato l’annuncio del prestigioso riconoscimento. Parole che nel nostro paese hanno trovato subito una sponda in un altro premio Nobel, Rita Levi Montalcini che ha rincarato la dose: «in Italia non si dà spazio al merito».
E come non dargli torto se il nostro è il paese della fuga dei cervelli e dove pure quei pochi che sono tornati sono ora costretti a fare di nuovo le valigie? Centinaia di casi e di storie, come quella di Giusi Della Gatta,Gricignannese di 30 anni, che sta per concludere un dottorato presso l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) e già prepara le valigie per andare a lavorare negli Stati Uniti, dove le hanno offerto posti di lavoro prestigiosi «L’Italia mi sta cacciando. Sta perdendo una persona che ama il suo paese, ama Napoli e ama la ricerca scientifica. Voglio fare la ricercatrice ma in Italia non ho speranze, non ho futuro». È arrabbiata Giusi: «Sono costretta a partire, anche se non vorrei. Mi sento rifiutata dal mio paese». Giusi si è laureata giovanissima, a 23 anni, in scienze biologiche con il massimo dei voti, ha fatto un master in bioinformatica a Milano, e dopo una breve esperienza di lavoro è tornata a Napoli, dove ha vinto il dottorato al Tigem «Da quattro anni studio le malattie rare, ma a dicembre il mio dottorato finisce. E poi? La Fondazione Telethon è una struttura ”no profit”, potrei solo sperare in un altro contratto per due anni».
Una laurea, un master, un dottorato qui non bastano. O meglio, non servono. «Ho provato a partecipare ai concorsi, ma non ho speranze. Non è un segreto per nessuno che i pochissimi posti nei bandi di concorso sono già assegnati». Negli Usa, invece, Giusi la reclamano. Sta vagliando due offerte di lavoro, alla Columbia University di New York e alla Harvard University di Boston, due delle più prestigiose università del mondo. «Durante il mio dottorato ho trascorso alcuni periodi all’estero dove ho avuto modo di presentare le mie ricerche. Mi hanno offerto posto con stipendi doppi rispetto a quello che percepisco in Italia». Giusi guadagna mille euro al mese, più di molti suoi colleghi che non superano i 900 euro e sono costretti a vivere a 30 anni a casa con i genitori. «All’estero mi offrono posti prestigiosi per fare ricerca, sicuri e ben pagati, mentre qui le mie prospettive lavorative sono nulle». È un atto di accusa durissimo quello di Giusi. Un grido di rabbia, amarezza e desolazione. «A 30 anni non posso sposarmi, non posso pensare di avere un figlio. Anche il mio fidanzato è ricercatore e in questo momento il nostro futuro insieme è un punto interrogativo. Non c’è speranza di un futuro. Non è giusto. Come non è giusto che tanta gente in gamba se ne vada. Non mi sento profeta in patria, ma non accetto di non poter far bene il mio lavoro anche qui».
Il Mattino (DANIELA CIPOLLONI)