GRICIGNANO. Il focolare domestico si trasforma, ancora una volta, in una trappola pericolosa. Una violenza consumatasi tra le mura di casa ha portato in cella Elpidio Falace, quarantaquattrenne di Gricignano.
L’uomo, giovedì sera, è stato ammanettato dai carabinieri della stazione locale, guidata dal comandante Nuzzi. I militari dell’Arma sono stati allertati da una telefonata. Una donna, dalla voce tremante, chiedeva aiuto. Le indicazioni della signora hanno condotto i carabinieri nell’appartamento di Falace. Quest’ultimo era ancora nel pieno della sua crisi quando i militari hanno fatto irruzione in casa sua. Aveva appena finito di dare botte alla moglie. Ma, vittima della sua furia violenta anche il figlio. L’uomo è stato allontanato da casa, condotto in caserma, per le ritualità del caso, e poi portato nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove attualmente si trova a disposizione dell’autorità giudiziaria. La causa di tanta ferocia ancora incerta. Si suppone sia stato un diverbio nato da una futilità. Una discussione come tante se ne hanno in una famiglia, ma che, evidentemente, è degenerata. Il quarantaquattrenne ha perso il lume della ragione per qualche istante e ha iniziato a picchiare moglie e figlio. Nessuna ferita grave, qualche livido, ma di certo il dolore dei congiunti è stato forte. Non tanto quello fisico, che pure è stato avvertito, quanto quello tutto interno di chi si sente maltrattato da una delle persone più fidate al mondo. Cadono tutte le sicurezze e le certezze si sgretolano. Essere maltrattati nella propria casa, dal proprio congiunto è una cosa allucinante. Eppure di violenze familiari se ne registrano ogni giorno di più. Di solito vittime dei maltrattamenti sono le persone più deboli, le donne e i bambini appunto. Ma si segnalano, sempre più spesso, casi in cui ad aggredire fisicamente sono proprio le mogli. Una sorta di reazione incontrollata porta molte donne ad usare una difesa estrema di fronte alle angherie dei propri compagni. Potrebbe essere questo il caso che ha portato all’ospedale, solo qualche giorno fa, Giuseppe Di Franco. L’uomo, un cinquantatreenne residente in via San Giuseppe, ad Aversa, nella giornata di domenica, intorno alle sedici e trenta, si è presentato al nosocomio della città normanna con una ferita alla gamba. La lama di un coltello lo aveva trafitto. A sferrare il colpo pare sia stata proprio la moglie durante una lite. E non è tutto. Molti episodi di figli che picchiano i genitori sono segnalati alle forze dell’ordine. In questi casi all’origine dei maltrattamenti la necessità di avere soldi. Spesso si tratta di giovani che fanno uso di stupefacenti, senza lavoro, che hanno necessità di comprare una dose e dunque minacciano i parenti fino a quando le loro richieste non vengono esaudite. Nel caso contrario si fa ricorso alla violenza e volano schiaffi e pugni. Poi c’è la ribellione e arriva la denuncia. Ma non è raro che atti di violenza familiare restino chiusi tra le pareti domestiche. Che si viva nel terrore e nel silenzio. Che la menzogna diventi familiare per coprire i soprusi che avvengono nella propria casa. Innumerevoli infatti sembrano poter essere le situazioni di disagio mai palesate. La vergogna spesso è molto più forte del dolore e la verità sulle relazioni familiari vengono taciute anche per la paura del giudizio degli altri.
dal Corriere di Caserta, sabato 03.11.07 (di Luisa Conte)