Caso Boccia, attesa convocazione in Procura: indagini su chat e gravidanza

di Redazione

Violenza e minaccia a corpo politico e lesioni aggravate. Sono questi i reati contestati dalla Procura di Roma a Maria Rosaria Boccia, dopo la denuncia a suo carico presentata dall’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Nell’indagine c’è una grossa massa di dati da analizzare e per questo, salvo ulteriori colpi di scena, la Procura avrebbe deciso di attendere ancora prima della convocazione per l’interrogatorio dell’indagata.

Intanto, l’imprenditrice, dopo alcune ore di silenzio per la perquisizione e il sequestro di cellulare e pc da parte dei carabinieri, è tornata a postare sui social. Tra le prime immagini pubblicate nelle storie quella di due cellulari e la scritta “operativa”. Poi ringraziamenti per i “moltissimi messaggi di affetto e solidarietà” e come sottofondo musicale la canzone Io non ho paura di Fiorella Mannoia.

Ora, comunque, si attende la convocazione di Boccia in Procura. Gli inquirenti vogliono prima verificare il contenuto dei device trovati in un armadio dell’abitazione della donna a Pompei: due cellulari, un tablet, due pc, numerose schede sim, oltre ai famigerati occhiali spia utilizzati per effettuare video non consentiti all’interno della Camera dei deputati. Un lavoro che richiederà alcuni giorni, al termine del quale potrebbe scattare l’avviso a comparire per Boccia negli uffici di piazzale Clodio.

I carabinieri hanno acquisito la chat integrale tra l’indagata e l’ex ministro, per “ricostruire l’avvio della relazione affettiva e il relativo sviluppo patologico, gli episodi penalmente rilevanti e cercare riscontro” a quanto denunciato. Inoltre, si legge nel decreto di perquisizione, hanno avuto l’incarico di acquisire documenti e mail sullo “stato clinico della gravidanza, incluse visite di controllo”, e le “chat intercorse tra l’indagata e utenze in uso alla moglie di Gennaro Sangiuliano, Federica Corsini”.

Al momento i capi di imputazione che i magistrati contestano alla 41enne sono due. C’è l’accusa di violenza e minacce a corpo politico, reato cristallizzato all’articolo 338 del codice penale e che prevede condanne fino a 7 anni di carcere: nel decreto di perquisizione si afferma che l’indagata ha esercitato minacce idonee “a compromettere la figura politica e istituzionale di Sangiuliano” in modo “da turbare l’attività e ottenere il conferimento della nomina a consulente per i Grandi Eventi, incarico di diretta collaborazione del ministro”. C’è poi il reato di lesioni aggravate: è legato a quanto avvenuto a Sanremo nella notte tra il 16 e il 17 luglio, quando Boccia, secondo la denuncia, avrebbe colpito Sangiuliano ferendolo alla testa.

Tornando all’accusa di violenza e minacce a corpo politico, secondo i pm Boccia avrebbe messo in atto una serie di iniziative illecite in particolare dopo la fine della “relazione affettiva extraconiugale” con l’ormai ex ministro e “dopo aver appreso che la bozza del decreto di nomina firmata dal ministro era stata bocciata per volontà dello stesso Sangiuliano”. L’imprenditrice, proseguono i pm, ha contattato “ripetutamente” l’ex ministro chiedendo “appuntamenti”, tutti “rifiutati”, e ha cercato anche di avere interlocuzioni con il dicastero per “conoscere gli esiti della procedura di nomina”. Boccia, secondo quanto scrivono ancora gli inquirenti, ha informato Sangiuliano “su una presunta gravidanza” e ha più volte contattato la moglie dell’ex direttore del Tg2 “con chiari riferimenti alla sua relazione extraconiugale con il marito”.

Tra le iniziative elencate anche la pubblicazione “senza consenso, di foto private nonché immagini oggetto di manipolazione che la ritraevano all’interno del ministero” e la divulgazione “progressiva e in modo frammentario” ai media e sui social di notizie “attinenti alla sua relazione con Sangiuliano, ai suoi rapporti con il Ministero e all’accesso a documenti di informazioni riservate del ministero, ogni volta alludendo alla disponibilità di altre notizie compromettenti per il ministro”. Intanto, Sangiuliano è indagato dal Tribunale dei ministri di Roma per rivelazione e diffusione di segreto d’ufficio e peculato.

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