Strage di Erba, respinta richiesta di revisione del processo: supertestimone Frigerio attendibile

di Redazione

Il super testimone della strage di Erba, Mario Frigerio, è attendibile. Ne è convinta la corte d’Appello di Brescia che, nelle motivazioni con cui respinge la richiesta di revisione di Olindo Romano e Rosa Bazzi (i coniugi condannati in via definitiva all’ergastolo per il quadruplice omicidio dell’11 dicembre del 2006), sottolinea come la tematica del cosiddetto “falso ricordo” sia già stata oggetto di ricorso in appello e in Cassazione, ma soprattutto di come in aula (primo grado) Frigerio sia stato “lucido e precisissimo nel fornire dettagli sui vicini, sulle abitudini familiari, sugli avvenimenti di quella giornata e sull’aggressione”. L’ipotetico movente legato a un regolamento di conti nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti sarebbe poi stato “invano approfondito nella prima fase delle indagini” e non avrebbe trovato “alcun riscontro”.

L’analisi delle prove – L’intossicazione da monossido di carbonio su cui si concentra la consulenza della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi “è indimostrata, giacché le analisi cui era sottoposto Frigerio non comprendono alcun accertamento circa la presenza di carbossiemoglobina ed egli è stato esposto ai fumi dell’incendio per un tempo molto più breve della moglie, poiché allontanato dalla fonte di esposizione dai primi soccorritori già intorno alle 20.25, ossia pochi minuti dopo l’aggressione”. Per la corte “i consulenti pretendono di ricavare l’intossicazione dallo stato confusionale in cui versava Frigerio, attestato dal contenuto dei colloqui oggetto d’intercettazione, ma tale stato è agevolmente spiegabile con il grave trauma subito dal testimone, miracolosamente sopravvissuto a una violentissima aggressione, in cui, oltretutto, perdeva la moglie, e con le condizioni di prostrazione fisica e psicologica in cui si trovava”.

Le motivazioni – Nelle motivazioni con cui viene respinta la richiesta di revisione del processo, la corte sottolinea “l’assenza di novità e l’inconcludenza delle prove” e di come gli elementi offerti dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi “si concentrano su dati di contorno o ambivalenti che, anche sommati e valutati unitamente alle prove già acquisite, non sono in grado d’incrinare il compendio probatorio su cui si fonda il giudizio di condanna” per la morte, a colpi di spranga e di coltello, di Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk di soli due anni, la nonna materna del piccolo. Nella strage in via Diaz, a Erba, perse la vita anche la vicina di casa Valeria Cherubini mentre il marito, Mario Frigerio, si salvò per una malformazione alla carotide. Rispetto alla traccia di sangue trovata sulla Seat Arosa di Romano, “la scarsa maestria del brigadiere Fadda nel fotografare le tracce evidenziate dal luminol o nell’assemblare le fotografie non vale a destituire di valore il dato del rinvenimento sul battitacco della vettura di una traccia ematica contenente il profilo genetico di Valeria Cherubini, che già nei precedenti gradi di giudizio è stato escluso possa essere stata lì deposta durante la perquisizione e che neppure può sospettarsi essere frutto di una contaminazione in laboratorio”, essendo stata consegnata ed esaminata in un momento diverso dall’analisi degli indumenti delle vittime.

E ancora per i giudici “le discrasie su alcuni dettagli non inficiano la genuinità delle confessioni” dei coniugi, rese “dopo che Romano aveva chiesto di parlare con i pubblici ministeri, in presenza del difensore, (…) ribadite nell’interrogatorio avanti al gip, non contestate per mesi e mesi, contenenti una pluralità di dettagli riscontrati dal complesso delle indagini e non smentiti dalle odierne asseritamente nuove consulenze medico-legali” informazioni che “potevano essere patrimonio conoscitivo solo degli autori della strage e ribadite negli appunti sulla Bibbia”. Le lesioni subite da Valeria Cherubini non le hanno impedito né di urlare, né di salire le scale, la traccia ematica sulla soglia del terrazzo o quella all’ingresso dell’abitazione di Raffaella Castagna, la pianta spostata o presunti stranieri in strada “non provano in alcun modo che gli aggressori siano fuggiti dal terrazzo, anziché dal portone d’ingresso, sulla cui maniglia interna erano rilevate tracce del sangue di Valeria Cherubini, da cui si ricava in modo incontrovertibile che è da li che sono fuggiti gli aggressori”.

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