Sette persone, ritenute affiliate al clan Parisi-Palermiti del quartiere Japigia di Bari e colpite da sentenze definitive di condanna, sono state arrestate dai carabinieri in esecuzione di altrettanti ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Bari. Sono accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa armata, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi. Le condanne vanno dai sei ai 18 anni di reclusione.
I fatti per cui i sette sono stati condannati si riferiscono agli anni tra il 2015 e il 2019. Gli ordini di carcerazione sono stati eseguiti nei confronti di Marco Barone, di 36 anni (condannato a 10 anni, 4 mesi e 25 giorni), Nicola Bruno, di 35 (condannato a 8 anni), Daniele Leleuso, di 35 (condannato a 4 anni e sei mesi), Domenico Milella, di 60 (condannato a 18 anni, 9 mesi e 11 giorni), Michele Ruggieri, di 38 (condannato a 9 anni), Sebastiano Ruggieri, di 40 (condannato a 16 anni e 8 mesi) e Pasquale Leonardo Tritta, di 32 (condannato a 6 anni e un mese).
L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, nacque dopo un sequestro di un arsenale di armi e deposito di droga ritrovato dai carabinieri, a Bari, il 16 ottobre 2014. Le indagini hanno poi consentito di ricondurre le armi e la droga al clan Parisi-Palermiti, un clan – scrivono gli inquirenti – «che consolidava la propria forza intimidatrice mediante azioni violente, finalizzate alla commissione di numerosi reati, traendone così ingenti profitti illeciti, egemonizzando il controllo criminale della zona».
Il sodalizio criminoso, secondo quanto documentato dalle indagini, gestiva «in regime di monopolio» le piazze di spaccio nei quartieri Japigia e Madonnella di Bari, «alimentandole con regolarità di cocaina, hashish e marijuana, utilizzando per lo spaccio al dettaglio una folte rete di spacciatori che si avvalevano di comunicazioni telefoniche criptiche». Ricostruito anche un episodio di intimidazione armata avvenuto in un circolo di Japigia il 15 marzo 2015, gestito dal genitore di un giovane che, a sua volta, si era reso responsabile del ferimento a colpi d’arma da fuoco di un affiliato dell’organizzazione. IN ALTO IL VIDEO