GRICIGNANO. Da più di un anno è ricercatore a Francoforte, presso la divisione di Econometria della Banca Centrale Europea.
Il prestigioso incarico lo ha ricevuto, a soli 23 anni, dopo la laurea in discipline economiche e sociali ed il «Master of Science» alla Bocconi di Milano. Tommaso Aquilante, di Gricignano dAversa, è uno dei tanti «cervelli in fuga», come vengono definiti scienziati e studiosi che decidono di lasciare lItalia, per cogliere importanti opportunità professionali. Leconomista si è ritagliato un ruolo di primo piano nella Bce: si occupa di analisi quantitative e previsioni economiche per gli Stati dellarea euro. Volendo semplificare, studia la crisi finanziaria che ha investito il mondo intero e, in particolare, i suoi effetti in Europa. Dobbligo è chiedergli dei risultati delle sue indagini e dei risvolti, soprattutto in Italia, del crollo economico.
«La crisi afferma Aquilante nasce nel mercato immobiliare, ma le cause sono da ricercare nellinterventismo dellamministrazione americana, che ha garantito prestiti per persone che non avrebbero mai potuto usufruirne, a condizioni di mercato. Si è passati dallimmobiliare al finanziario e ora la crisi investe leconomia reale. LItalia è poco esposta sui mercati finanziari rispetto ad altri Paesi avanzati e quindi da noi la crisi è meno virulenta. Ma oggi, nel mercato globale, la velocità e il grado di contagio sono estremamente elevati ed è difficile fare previsioni future».
Tra un mese Tommaso porterà a termine il suo lavoro a Francoforte e, a settembre, comincerà un dottorato di ricerca in «Economics» a Londra. Sempre lontano dalla sua terra dorigine. «Ho lasciato lAgro aversano racconta il giovane ricercatore già dopo le scuole superiori. Non volevo studiare in un territorio dove, tranne poche eccezioni, la mentalità camorrista prevale. Dalla scuola alle imprese, passando per la politica e luniversità».
Aquilante spiega le difficoltà ad affermarsi in Italia. «Il nostro sistema-nazione sottolinea non è basato sul merito. In Italia si può anche arrivare in alto, ma spesso si deve scendere a compromessi. I ragazzi dovrebbero smetterla di chiedere favori ai potenti di turno e mettersi maggiormente in gioco. Dovremmo chiederci: perché pochi ricercatori stranieri vengono a studiare in Italia? Le ragioni sono molteplici, anche se quella prevalente è che il nostro sistema universitario, che andrebbe cambiato, è deficitario e non attrae gli scienziati».
dal Corriere del Mezzogiorno, di Ignazio Riccio