Manovra, ok dal Senato alla fiducia. Renzi attacca norma contro i compensi esteri

di Redazione

L’Aula del Senato ha dato il via libera alla fiducia chiesta dal governo Meloni sulla Manovra. Con il sì definitivo del Parlamento, la legge di bilancio è diventa legge. La fiducia è passata con 112 sì, 67 no e un astenuto. Il voto finale ha invece registrato 108 sì, 63 no e un astenuto.

“Il Parlamento ha approvato la legge di bilancio 2025, la terza dall’insediamento del Governo. È una manovra di grande equilibrio, che sostiene i redditi medio-bassi, aiuta le famiglie con figli, stanzia risorse record per la sanità, riduce la pressione fiscale e dà una mano a chi produce e crea occupazione e benessere”. Così ha commentato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, aggiungendo: “Teniamo i conti in ordine, non rinunciando ad attuare il programma elettorale che abbiamo presentato agli italiani, e diamo ancor più slancio al nostro impegno per combattere la vera evasione e gettare le basi per un rapporto nuovo tra Stato e cittadini. Un altro passo in avanti per costruire un’Italia più giusta, forte e competitiva”.

Il passaggio finale arriva dopo le polemiche di venerdì contro la prassi del monocameralismo di fatto, che ha scatenato la protesta delle opposizioni insieme a quella del relatore di maggioranza, Guido Liris di Fdi, arrivato a dimettersi simbolicamente da relatore. Lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si è detto d’accordo sulla necessità di affrontare la questione, sottolineando che “l’iniziativa deve essere parlamentare”.

Ma la seduta di sabato è stata segnata da un altro fuori programma: un teso botta e risposta in aula tra Matteo Renzi e Ignazio La Russa. Il leader di Iv ha chiesto al presidente del Senato di far rispettare il silenzio durante l’intervento. La Russa ha ribattuto che il rumorio di sottofondo è nella norma e chiesto a Renzi di evitare di dare lezioni. A quel punto il senatore ha sbottato: “Lei, camerata La Russa, deve abituarsi a rispettare le istituzioni in questa aula”. Replica del presidente del Senato: “E lei deve abituarsi ad avere la cortesia di non sfuggire la verità”. Renzi ha controribattuto alludendo all’epiteto ‘camerata’: “Pensavo di averle fatto un complimento”. E poi: “Il presidente non avverte i rumori, è tipico dell’età che avanza…”. Poi Renzi ha criticato pesantemente la norma per vietare i compensi esteri dei parlamentari: “Da un mese la presidente ha dato mandato ai suoi uffici di studiare una norma contro di me. Ma la norma ad personam non è contro di me. Posso parlare anche gratis alle conferenze. Con la riformulazione notturna di un emendamento, la maggioranza è intervenuta su alcuni senatori e non su altri. E questo costituisce un precedente pericoloso per voi e non per me. Avete permesso che un capo di governo intervenisse su un senatore dell’opposizione, cosa che non era mai accaduta in 70 anni. Avete fatto una norma sovietica, illiberale”. Stoccata finale: “Il presidente Berlusconi” si sarebbe opposto. Infine una citazione di Bertolt Brecht: “Ve ne pentirete beceri che strillate e muti che tacete”.

Il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, in un passaggio del suo intervento gli ha sostanzialmente dato ragione: “Sulla norma” sugli stipendi all’estero “il senatore Renzi non ha tutti i torti per usare un eufemismo”. Di parere opposto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, che parlando con i cronisti in Transatlantico ha chiosato: “Io non so se lui reputa questa una norma ad personam, io reputo assolutamente un’enorme anomalia la possibilità per i membri del governo e per i membri del Parlamento di percepire compensi da entità pubbliche o private di Stati esteri. A me sembra un’anomalia il sistema attuale”. E comunque “questa norma va a penalizzare anche parlamentari della maggioranza, e forse anche persone di primo piano della maggioranza”, ha concluso.

Il capogruppo di FI al Senato, Maurizio Gasparri, dal canto suo ha attaccato a distanza il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, presidente dell’Anci, che in un’intervista a Repubblica lamenta come i tagli previsti dalla manovra per gli enti locali comportino “una stretta che ridurrà la possibilità di fornire servizi o di ampliarli”: “Abbiamo dato soldi ai Comuni e appena Manfredi si abituerà al nuovo ruolo saprà che, ad esempio, non abbiamo applicato la limitazione del turn over agli enti locali. Caro Manfredi, chiedi scusa e non pubblicare le veline che ti scrivono i funzionari sui quotidiani di riferimento”. Quanto alla polemica sull’approvazione monocamerale della legge di bilancio, Gasparri ha ricordato di aver “approvato manovre il 30 dicembre con i governi Conte e Draghi. Dobbiamo mettere mano ai regolamenti e dare una data certa di approvazione: forse questo potrebbe servire a contenere le fiducie, altrimenti c’è ipocrisia perché tutti ci hanno fatto i conti”. Gasparri, insieme alla maggioranza, ha rivendicato il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote Irpef.

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