Altri due arresti eseguiti dai carabinieri per la vicenda della rapina che sarebbe stata commissionata da un frate del Convento Santuario “Santa Maria Occorrevole” di Piedimonte Matese (Caserta), padre Domenico Silvestro, 55 anni, interessato, secondo l’accusa, a recuperare le immagini e le chat memorizzate nei telefoni di due uomini vittime di abusi sessuali che sarebbero avvenuti nel periodo in cui svolgeva le sue funzioni di parroco nella Basilica di Sant’Antonio da Padova ad Afragola, nel Napoletano.
Già il 1 agosto 2024 finirono in arresto lo stesso parroco e un altro prelato, padre Nicola Gildi, 57 anni, originario di Lusciano, che, all’epoca dei fatti, era di stanza nella stessa parrocchia, poi rintracciato dai militari della stazione di Afragola nel convento matesino. In manette anche i due presunti autori materiali della rapina, Danilo Bottino, 20 anni, di San Vitaliano, e Biagio Cirillo, 19, di Marigliano; gli imprenditori afragolesi Antonio Di Maso, 43 anni, accusato di avere fatto da intermediario tra il frate mandante e l’organizzatore della rapina, e Giuseppe Castaldo, 52 anni, ritenuto l’organizzatore con cui il frate-mandante sarebbe entrato in contatto. Dopo un mese i due frati furono scarcerati dal Riesame.
Le indagini sono, intanto, proseguite, con l’identificazione di altre due persone coinvolte. Identificazione che, come fanno sapere dalla Procura di Napoli Nord, che coordina le attività investigative, sarebbe stata ostacolata da “promesse di denaro ai parenti di alcuni degli indagati” già tratti in arresto. Dalle conversazioni intercettate in carcere durante i colloqui dei rapinatori con i familiari sono emersi, aggiunge la stessa Procura, “il complesso contesto in cui era maturata la rapina e ulteriori riscontri sul movente”.
La rapina – Padre Domenico Silvestro, secondo gli inquirenti, sarebbe il mandante di una rapina commessa il 26 aprile scorso ai danni di due uomini, uno dei quali extracomunitario, entrambi presunte vittime di abusi sessuali nel periodo in cui avevano lavorato in monastero, allo scopo di sottrarre loro i cellulari sui quali avevano memorizzato immagini e chat “a dir poco imbarazzanti che avrebbero potuto creare seri problemi ad alcuni frati dei monasteri in cui avevano lavorato le stesse vittime”. Le vittime della rapina riferivano ai carabinieri di due soggetti, travisati e muniti di mazze e coltello, che, dopo aver fatto irruzione nella loro abitazione, sfondando la porta di ingresso, si erano impossessati di un telefono cellulare e tentato invano di sottrarre anche un altro telefono, dandosi poi alla fuga. Sin dall’inizio, l’episodio veniva ricondotto dalle vittime a precedenti rapporti con alcuni frati del territorio campano e ad abusi e violenze sessuali subite. Sulla base delle dichiarazioni rese dalle vittime venivano attivate operazioni di intercettazione telefonica ed acquisite le immagini dai sistemi di videosorveglianza presenti lungo il percorso seguito dai rapinatori indicato dettagliatamente dalle vittime.
Il collegamento con le violenze – Supportati dagli elementi forniti dalle vittime – che, nel frattempo, avevano anche riconosciuto in foto i rapinatori – gli investigatori accertavano il contesto in cui era maturata la rapina e acquisivano riscontri alle dichiarazioni rese sulle violenze sessuali subite all’interno di alcuni monasteri, tra i quali la Basilica di Sant’Antonio di Afragola, riuscendo a risalire al motivo per il quale i rapinatori avevano asportato esclusivamente il telefono cellulare e non anche altri oggetti e denaro pur presenti nell’abitazione dei due. Dalle operazioni di intercettazione telematica e telefonica emergeva che a dare il mandato per compiere la rapina fosse stato il parroco di Afragola che, rivolgendosi ad altri soggetti che avrebbero dovuto assoldare gli esecutori materiali, poi individuati negli indagati tratti in arresto, avrebbero recuperato i telefoni cellulari in possesso delle vittime.
La lettera degli avvocati – Nel corso delle indagini, inoltre, veniva acquisita una lettera redatta dagli avvocati delle vittime della rapina e diretta ai frati superiori con la quale, nel sollecitare il pagamento delle somme relative alle prestazioni lavorative eseguite nei monasteri fino a quel momento non corrisposte, si faceva riferimento anche a rapporti sessuali subiti dalle vittime in cambio di assistenza di carattere sociale (abiti, alimenti e quant’altro necessario alla loro sopravvivenza) e lavorativa (assicurando loro un impiego retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati si trovavano a svolgere le proprie funzioni religiose).
Il racconto delle violenze – Anche attraverso l’escussione di un altro frate a conoscenza delle violenze sessuali e del movente della rapina, si accertava la riconducibilità del mandato a commettere il grave fatto criminale ad un frate, tratto in arresto, che – spinto dal forte timore di affrontare le conseguenze di una denuncia sporta dalle vittime delle violenze supportata da chat, video e messaggi contenuti nella memoria dei telefoni cellulari in loro possesso – si era rivolto a suoi conoscenti per sottrarre i telefoni alle stesse vittime e scongiurare il pericolo. Le stesse vittime hanno ricostruito in dettaglio le violenze subite: “Padre …, per mio tramite, ha sempre organizzato dei rapporti sessuali di gruppo, li organizzavo perché sennò non mi aiutava con il cibo, mi ricattava. Le richieste di questi incontri, di queste orge, avvenivano con messaggi a un mio amico. I ragazzi venivano invitati su app come Tinder o Ciao Amigos. Padre … aveva dei rapporti sessuali con ragazzi che poi pagavo con somme di denaro intorno ai 50 euro. In queste orge ero costretto anch’io ad avere rapporti sessuali, altrimenti non mi avrebbe più aiutato”.
L’arcivescovo sospende il parroco – L’arcivescovo Mimmo Battaglia sospendeva immediatamente il parroco. In una nota della Curia di Napoli si leggeva: “È con molto dolore che ho avuto notizia questa mattina dell’arresto di due Frati Minori della Provincia Napoletana, di cui uno operante nel territorio diocesano. Il dispiacere e la tristezza non sono causate soltanto dall’apprendere delle infelici vicende in cui i due Frati sono implicati, ma dallo smarrimento e dal turbamento che tale notizia provocherà nel cuore dei fedeli della Parrocchia – Santuario di Sant’Antonio in Afragola in cui uno dei due svolgeva il ministero di Parroco e dell’intera comunità diocesana ferita da quanto accaduto. Nel comunicare a tutti che ho immediatamente provveduto a sospendere il Parroco dal suo ministero, voglio esprimere ai fedeli di Afragola e a quanti sono legati per affetto e devozione al Santuario di Sant’Antonio la mia personale vicinanza, accogliendone il disorientamento e condividendo con loro la fiducia nel Signore, Pastore Buono, la cui Parola affidabile, giusta e misericordiosa è l’unico fondamento su cui costruire la nostra vita. Invito tutti ad avere fiducia nel lavoro della Magistratura e a ricordare nella preghiera coloro che a vario titolo sono coinvolti in questa triste vicenda”.