Camorra, gestiva il clan dal carcere: arrestati tre prestanome del boss Oscar Pecorelli

di Redazione

Tre persone sono state arrestate con l’accusa di riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e frode fiscale. I provvedimenti cautelari, emessi dal gip di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale antimafia partenopea, sono stati eseguiti dai militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e dal personale del Nucleo investigativo centrale di Roma della Polizia Penitenziaria.

Tra gli arrestati figura anche Oscar Pecorelli, cugino omonimo del boss detenuto del clan Lo Russo, classe 1981. Le misure seguono l’operazione del 24 gennaio scorso, che aveva portato all’arresto di un individuo ritenuto affiliato allo stesso clan. Nonostante una condanna all’ergastolo per omicidio e la reclusione ininterrotta dal 2010, quest’ultimo avrebbe continuato a gestire le attività criminali grazie a telefoni cellulari in carcere e al supporto della moglie e del figlio, anch’essi raggiunti da misure cautelari.

Per lui e per Vincenzo Bocchetti, 50 anni, il giudice ha disposto la detenzione in carcere, mentre Francesco Battimiello, 42 anni, è stato posto agli arresti domiciliari. Inoltre, per altri tre soggetti sottoposti a perquisizione, tra cui il cugino del principale indagato, il gip ha rinviato ogni decisione all’esito degli interrogatori di garanzia.

Secondo gli inquirenti, i tre arrestati avrebbero svolto il ruolo di prestanome, intestandosi beni immobili e imprese che in realtà sarebbero appartenuti al boss, con l’obiettivo di eludere i sequestri. Tra gli immobili finiti sotto inchiesta, uno, già pignorato, veniva utilizzato per affitti turistici brevi, complicandone l’assegnazione in fase esecutiva. Un altro è stato oggetto di trasferimenti a una donna nullatenente e a una società riconducibile agli indagati.

Le indagini hanno anche rivelato il coinvolgimento di un’azienda per la lavorazione e il commercio di pellame, intestata a un prestanome e finanziata con fondi illeciti e fatture false per oltre 7,5 milioni di euro. Un’altra impresa, operante nel settore calzaturiero, è risultata intestata a un soggetto privo di capacità contributiva per sottrarla ai sequestri ed è stata usata per evadere il fisco con fatturazioni fittizie per oltre 2 milioni di euro. Inoltre, due società di trasporto su gomma, formalmente di proprietà delle mogli degli indagati, avrebbero ricevuto ingenti somme di denaro di origine illecita.

Le operazioni di riciclaggio si sarebbero estese anche all’acquisto di orologi di lusso a Dubai, pagati in criptovaluta. Già nel giugno 2024, nell’ambito della stessa inchiesta, erano stati sequestrati otto immobili, dodici lotti di terreno, cinque complessi aziendali, due autovetture, un ciclomotore, venti orologi di lusso, novanta rapporti finanziari e circa 400mila euro in contanti, per un valore complessivo superiore agli 8 milioni di euro.

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