“I Simboli del Sacro”, le telecamere di Tv2000 nella Basilica di Sant’Angelo in Formis

di Massimiliano Ive

La basilica benedettina di Sant’Angelo In Formis, frazione di Capua (Caserta), uno dei luoghi di culto candidato a divenire un sito del “patrimonio mondiale dell’Unesco”, nel pomeriggio di sabato 8 febbraio è divenuta location ideale, attraverso le telecamere della trasmissione “I Simboli del Sacro” di Tv2000 (guarda il video: clicca qui), dell’incontro a distanza di molteplici telespettatori con la realtà del Mistero, che si svela e si rivela dietro i segni del ciclo pittorico dell’XI secolo della Biblia Picta – Pauperum.

Intorno alle ore 17.30 l’emittente della Cei (Conferenza Episcopale Italiana), mediante l’operatrice culturale in storia dell’Arte Benedetta Colombo, nota come Artefacile, ha proiettato sul canale 28 quel servizio atteso da 2 settimane, rinviato per le dirette vaticane. Tema di questa puntata speciale i “Simboli del Sacro: l’Acqua e il Pane”. Quello che viene definito “l’Annuncio Muto” del ciclo pittorico della Basilica di Sant’Angelo In Formis ha preso forma negli occhi e nel cuore di chi ha seguito l’evento mediatico che, non solo ha metabolizzato e diffuso il ‘valore” intrinseco di questa opera benedettina realizzata da Papa Vittore III, ex abate di Montecassino con il nome di Desiderio, ma ha reso evidente e concreta la lettura teologica di Von Balthasar: “L’estetica teologica non solo promuove la forza immaginativa, ma procede direttamente alla rivelazione stessa. Attraverso la Bellezza si manifesta il divino… È la rivelazione che diffonde la bellezza. E il Bello è splendore, irradiazione, armonia”.

Nella sua semplicità, il rettore della basilica, don Francesco Duonnolo, ha rilanciato questo concetto, come fa spesso anche ai suoi studenti di Arte e Teologia, presso l’Issr interdiocesano Area Casertana “Santi Apostoli Pietro e Paolo” e nel contempo ha coinvolto sul suddetto aspetto il pubblico televisivo di Tv2000 e l’operatrice culturale Colombo. Nell’inciso televisivo, dal minuto 6.15, è stata mostrata una carrellata di affreschi contenenti, appunto il simbolo dell’acqua. Dei 107 dipinti l’attenzione è stata focalizzata sul valore simbolico dell’acqua che conduce alla “fratellanza” nel sacramento del Battesimo (a partire dalle figure dei santi Antonio Abate e Paolo di Tebe) per concludersi con la rappresentazione dell’Ultima Cena dove emerge l’altro simbolo: quello del Pane Eucaristico. Il richiamo al rimando simbolico della dimensione spirituale per mezzo delle raffigurazioni degli episodi evangelici “del cieco nato” e della “Samaritana al pozzo”, poi ha fatto approdare tutti al messaggio della “purificazione” e della “sete” dell’umano nella sua condizione storica. Infine “la Lavanda dei piedi” che richiama e annuncia l’istituzione dell’Eucarestia. “Acqua e pane essenziali per la vita biologica umana; l’Eucarestia e il Battesimo essenziali, invece, per la vita dello Spirito”, ha affermato don Francesco.

Cosa resta oggi di tutto ciò? Un messaggio antico che la Basilica benedettina rimanda alle future generazioni di Terra di Lavoro: la possibilità, cioè di valorizzare il proprio passato anche se la realtà territoriale palesa dei ruderi, attraverso la cultura, la conoscenza di noi stessi, attraverso ciò che abbiamo dentro. Capire chi siamo stati, per comprendere oggi chi siamo e intravedere ciò che potremo essere attraverso la bellezza, che secondo Dostoevskij “può salvare il mondo”. Mille anni fa i Bizantini e i Campani ci riuscirono, bisogna capire oggi, a Caserta, cosa vogliamo trasmettere alle future generazioni. SOTTO UNA GALLERIA FOTOGRAFICA

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