PERUGIA. La moschea di Ponte Felcino, a Perugia, avrebbe rappresentato il cuore di una cellula terroristica vicina ad Al Quaeda. Le indagini, che “hanno evidenziato come vi si svolgesse in maniera continuata addestramento ad azioni con finalità di terrorismo“, hanno infatti condotto all’arresto di quattro persone: l’imam marocchino della moschea, Korchi El Moustapha, 41 anni, e altri tre suoi collaboratori.
Due di questi risultano clandestini, mentre il terzo sarebbe stato individuato all’estero. La moschea si sarebbe trasformata, dopo i regolari orari di culto, in campo di addestramento di personale potenzialmente dedito ad atti terroristici. Venivano mostrati dei filmati—talvolta anche dinanzi ai bambini—nei quali si impartivano lezioni sulla preparazione e l’uso di sostanze esplosive, ma non solo. Un armamentario pedagogico basato su un’intera opera di istruzione all’uso delle armi, tecniche di combattimento, scontri corpo a corpo, mentre i video conterrebbero addirittura istruzioni su come guidare un Boeing 747. “Si può quindi affermare – afferma De Stefano, capo dell’Ucigos (Ufficio generale investigazioni generali operazioni speciali) – che è stata scoperta e disarticolata una vera e propria ‘scuola’ che rientra in un sistema operativo di
terrorismo diffuso, praticato da piccole cellule che agiscono in maniera autonoma”. L’autonomia dell’organizzazione sembra suffragata da una nota dell’Ucoii, l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia, che precisa: “La moschea di Ponte Felcino non ha mai fatto parte della nostra organizzazione”. Dalle indagini emerge che i fatti sarebbero avvenuti tra l’ottobre 2006 e il luglio 2007. Anche il ministro Amato conferma l’importanza dell’operazione, ribadendo che l’utilizzo della moschea era ai fini di attività terroristiche. “La polizia ha sventato rischi concreti”, spiega Amato, invitando gli addetti ai lavori a “mantenere alta l’attenzione nei luoghi di culto” .