Delitto Poggi, un capello tra le dita della vittima

di Antonio Taglialatela

Chiara PoggiPAVIA. Gli inquirenti proseguono senza sosta le indagini sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto lo scorso 13 maggio nella sua villetta di Garlasco, in provincia di Pavia.

La 26enne, secondo il risultato dell’autopsia, è stata uccisa brutalmente con quattro colpi alla testa, in fronte, in faccia e poi sulla nuca, fino a sfondarle il cranio. L’oggetto usato: un corpo contundente ancora identificato, forse un martello o un bastone. Tra i nuovi elementi, oggetto dell’indagine, un capello chiaro, lungo cinque o sei centimetri stretto nella mano chiusa a pugno di Chiara Poggi e altri due o tre capelli insanguinati (apparentemente dello steso tipo) rinvenuti accanto al corpo della ragazza.

Per gli investigatori, infatti, potrebbero essere proprio dell’assassino. Ma i primi risultati delle analisi si avranno soltanto nei prossimi giorni. A questo materiale, si sommano le orme insanguinate trovate in casa e la ricostruzione che i Ris stanno facendo sugli schizzi di sangue per stabilire la posizione di vittima e assassino. Sembra invece destinata a sfumare del tutto l’ipotesi che a uccidere Chiara possa essere stata la mazzetta da muratore rubata una ventina di giorni fa alla Croce garlaschese, dove Stefania Cappa, la cugina di Chiara e sorella gemella di Paola, fa la volontaria. I medici legali di Pavia hanno visionato l’immagine di un utensile simile, ma le ferite alla testa della vittima non sarebbero compatibili con quell’arnese. Altri particolari sull’indagine sono giunti ieri con l’ interrogatorio del fidanzato della vittima, Alberto Stasi (finora l’unico indagato) che si è presentato spontaneamente dal pm Rosa Muscio per farsi sentire. “Cercate altrove, non sono io l’assassino”, ha detto ancora Alberto agli investigatori. “Voglio che sia riconosciuta la mia totale innocenza, io amavo Chiara e sono disperato”, ha ripetuto al procuratore, cercando di fornire la sua spiegazione alle contraddizioni in cui è caduto quando è stato sentito nei giorni scorsi e offrendo elementi nuovi per permettere ai carabinieri di indagare su altre persone. Una novità questa, confermata indirettamente anche dall’avvocato Giovanni Lucido: “Alberto ha risposto a tutte le domande con dovizia di particolari, anzi anche qualcosa di più, e ha chiarito la sua posizione”. Per gli investigatori quelle incongruenze non sarebbero state chiarite fino in fondo ma, assicurano, “l’attività continua a 360 gradi, non si ferma qui”. La famiglia della vittima, che non può tornare nella villetta e si è trasferita in campagna, fa comunque sapere di guardare con fiducia al lavoro degli inquirenti e di attendere gli sviluppi. E a difendere le gemelle Stefania e Paola Cappa, cugine della vittima, finite sotto i riflettori in questa settimana (entrambe avevano creato un fotomontaggio con la cugina Chiara), è sceso in campo il padre Ermanno, avvocato di una certa notorietà, che ha parlato di “fortissimo travisamento”, di “giudizi malevoli e mortificanti” nei confronti di due ragazze “perbene”.

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