RANGOON. Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione birmana, incontra un funzionario della giunta miliare del governo del Myanmar.
Da 12 anni agli arresti domiciliari, dopo il golpe che privò il suo partito (National League for Democracy) della vittoria elettorale del 1990, la 62enne ha lasciato stamani la sua abitazione e, secondo alcune fonti, sarebbe entrata nelle villa del ministro del lavoro Aung Kyi, che la giunta ha delegato ai contatti con l’opposizione. Intanto, sul versante diplomatico, Cina e Russia si dicono contrarie a sanzioni contro il regime birmano, ritengono che tali pressioni non farebbero altro che aggravare la crisi. L’inviato speciale dell’Onu, Ibrahim Gambari, già in Myanmar alla fine di ottobre, dovrebbe tornare nel Paese entro la prima metà di novembre. Anche l’Italia sta lavorando ad una risoluzione della crisi. Nella capitale Rangoon, in queste ore, è giunto Ugo Papi, consigliere personale del ministro degli Esteri Massimo D’Alema, che nei giorni scorsi ha incontrato alcuni leader del partito di Aung San Suu Kyi, cercando di vedere anche la signora nella sua abitazione, ma ciò gli è stato vietato dai militari. Aung San Suu Kyi è la figlia del leader dell’indipendenza birmana, il generale Aung San, assassinato nel 1947 dai militari che presero il potere dalle sue mani. L’attuale leader della giunta militare, il generale Than Shwe, ha posto delle condizioni capestro al dialogo con l’opposizione ma negli ultimi giorni la comunità internazionale ha invitato la giunta al dialogo, teso a riportare il Paese alla democrazia.