BIRMANIA. Il pericolo che un focolaio epidemico dinfluenza aviaria si possa sviluppare in qualche regione sperduta del pianeta si fa sempre più concreto. La mutazione del ceppo patogeno H5N1, purtroppo, continua imperterrita.
La Birmania, infatti, ha confermato, lo scorso 15 dicembre, di aver registrato il primo caso umano di peste aviaria, denominazione adattata all”uomo, della malattia altrimenti detta “influenza aviaria”. La stampa ufficiale del paese asiatico non ha nascosto la preoccupazione che lepisodio possa ripetersi nellimmediato futuro. Lessere umano ammalatosi, dopo la contaminazione del virus dell”influenza aviaria, èstata una bambina di 7 anni. Secondo gli stessi organi di informazione, la piccola è guarita perfettamente ed ora gode di ottima salute. LO.M.S. (Organizzazione mondiale della sanità) ha confermato che la bambina, originaria di un villaggio del nord-est del paese, era stata ricoverata il 27 novembre scorso perché presentava sintomi sospetti. Dopo le cure intensive alle quali era stata sottoposta aveva potuto lasciare l”ospedale, il 12 dicembre scorso, in uno stato di salute più che soddisfacente. La bimba era stata sottoposta ad un trattamento intensivo con lantivirale Tamiflu. Ciò che inquieta, tuttavia, è che questo caso di peste aviaria è stato scoperto sulla bambina per puro caso. I controlli di routine, avviati in seguito alla scoperta, ai primi di novembre, di un caso dinfluenza aviaria in un allevamento, avevano permesso ad una squadra medica birmana, che indagava per verificare la sorgente dell”infezione, di rintracciare la bimba ammalata. Questa casualità dimostra che la sorveglianza non sistematica degli allevamenti in Asia potrebbe lasciar passare persone infette dal virus. A tuttoggi lO.M.S. stima che i casi dinfluenza aviaria riscontrati sulluomo sono stati 340, di cui 208 mortali. Questo censimento abbraccia gli anni dal 2003 al 2007. Ricordiamo che in Birmania, nazione dove vige un duro regime militare, poche notizie riescono a sfuggire alla censura. Fino ad ora, infatti, il regime militare aveva sempre negato lesistenza di casi di trasmissione alluomo di quella che potrebbe essere la “peste” del 2000.