Pianura, cronaca di una guerra annunciata

di Redazione

gli scontri di PianuraNAPOLI. Venerdì sera, alle ore 19.30, ricevo la prima telefonata di mia moglie: “Rosario torna presto, qui se non è guerra poco ci manca, anche i negozi sono stati obbligati a chiudere, tra un po’ non si potrà entrare nel quartiere”.

Da piazzale Tecchio, dove mi trovo, impiego poco più di un quarto d’ora per arrivare alle porte di Pianura, di solito ci vuole più tempo. Quando imbocco via Montagna Spaccata e arrivo alla rotonda – accesso obbligato per chi viene da Fuorigrotta – capisco il perché di così poco traffico. Alle spalle della statua di don Giustino Russolillo, posta al centro della rotonda, c’è l’inferno. Bombe carte che esplodono, barricate di spazzatura che arde e sprigionano folate di diossina, l’odore acre del fumo si sente in gola. I cassonetti sono stati utilizzati per sbarrare la strada. Alcuni teppistelli, a volto coperto e su sfreccianti motocicli, lanciano pietre sulle auto ferme sui marciapiedi della strada. A quel punto capisco che la protesta è degenerata, ormai è guerriglia urbana. Una seconda telefonata di mia moglie mi avvisa che è stato chiuso anche l’accesso di via Sartania, la possibilità di entrare a Pianura dagli Astroni è svanita. Rimane una sola chance, guadagnare casa attraversando via Marano – Pianura. Non perdo tempo è mi precipito sulla tangenziale, l’uscita dei Camaldoli è intasata, ma non ho scelta devo fare la fila, è l’ultima possibilità che ho di raggiungere Pianura con l’auto. Mentre attraverso il casello, la terza telefonata di mia moglie mi gela, anche l’acceso dai Camaldoli è impraticabile. Ormai sono le 21.15, non ho altra possibilità, devo ritornare a Fuorigrotta, lasciare l’auto per strada e tornare a casa a piedi. Alle 22.30 attraverso di nuovo la rotonda di Pianura, sembra l’inizio di una nuova battaglia , da un lato un cordone umano che si protegge dietro i cassonetti rovesciati, dall’altro le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, con bastoni e scudi. Ma i volti coperti dalle sciarpe, kefiah e passamontagna dei rivoltosi, come i temutissimi Black bloc, mi fa capire che quei raid sono stati pianificati, organizzati a tavolino da qualcuno intenzionato a destabilizzare, ben distanti dalla paura della gente comune che protesta civilmente e non vuole la riapertura della discarica di Contrada Pisani. Attraverso la rotonda, è riesco a strappare da lontano una foto con il cellulare, mi guardano con sospetto, ho paura di avvicinarmi troppo. Per fortuna c’è un gazebo con alcuni ambulanti che – non curanti del rischio – vendono calze della befana; forse l’unica cosa normale di una serata da dimenticare.

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