BELGRADO (Serbia). Il turno di ballottaggio in Serbia ha decretato la riconferma del presidente uscente filo-occidentale Boris Tadic che ha vinto sul filo di lana, con il 50,5%, contro il nazionalista Tomislav Nikolic, fermatosi al 47,8%.
Una vittoria che viene salutata con favore dallUnione Europea, sia per la candidatura della Serbia ad entrare nellUe, sia per il destino del Kosovo, provincia serba a maggioranza albanese per la quale è attesa la dichiarazione di indipendenza. Tuttavia, la vittoria di misura ottenuta da Tadic alle presidenziali (rispetto ai nove punti percentuali di distacco avuti sullo stesso Nikolic al precedente turno del 2004) mette in discussione la tenuta dellattuale coalizione di governo. Non cè vincitore stavolta, commenta Dragoljub Zarkovic, caporedattore del settimanale dinformazione Vreme. Formalmente sembra che Tadic sarà presidente per i prossimi cinque anni, ma in sostanza il vincitore morale è Nikolic. Per Zarkovic il risultato di queste presidenziali testimonia come, a distanza di sette anni dalla cacciata di Slobodan Milosevic, la Serbia sia ancora divisa tra il nazionalismo e la direzione filo-occidentale. Sul riconoscimento dellindipendenza del Kosovo (su cui premono gli Stati Uniti e dUnione Europea) sia Tadic che Nikolic si erano dichiarati contrari in campagna elettorale. Ma rispetto a Nikolic, che non nutre ambizioni europee, anzi guarda con attenzione Mosca, Tadic si è dichiarato disposto anche a fare un passo indietro piuttosto che avere una rottura con lEuropa e compromettere lentrata della Serbia nellUe e nella Nato.
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