Mastella, il capro espiatorio della Casta

di Antonio Taglialatela

Clemente MastellaNAPOLI. Il “favore” di far cadere il governo Prodi non gli è stato ricambiato né da Berlusconi né da Casini. Oggi si trova completamente da solo in vista delle politiche del 13 e 14 aprile.

Nessuno lo vuole come alleato. Molti nemmeno più come leader: nel giro di pochi giorni lo hanno abbandonato il presidente del gruppo al Senato Tommaso “Sputacchiella” Barbato, il vicesegretario Antonio Satta, quattro sindaci campani e addirittura il vicesindaco della “sua” Ceppaloni. Senza contare il “giuda” Cusumano, che lo aveva abbandonato direttamente nell”Aula di Palazzo Madama, cinque minuti prima della caduta di Prodi, ed ora è candidato del Pd in Sicilia. Defezioni importanti le ha registrate anche in Calabria e in Basilicata, mentre nel Lazio il partito praticamente non esiste più. Anche l’attenzione dei media, fino a qualche settimana fa straconcentrata su di lui per lo scandalo dell’arresto di sua moglie e di esponenti campani del suo partito, è svanita. Certo, l’inchiesta si sta rivelando una “bolla di sapone”, a tutti gli indagati sono state revocate le misure cautelari in carcere o ai domiciliari…ma lo “sputtanamento” è stato compiuto.

E’ la triste storia di Clemente Mastella, l’ex ministro della Giustizia che, nell’arco del suo breve mandato, è salito spesso alla ribalta delle cronache nazionali: l’inchiesta “Why Not” di De Magistris e l’azione disciplinare contro il magistrato, l’uso dell’aereo di Stato, il presunto coinvolgimento in Vallettopoli e poi la vicenda degli arresti in Campania, di cui prima parlavamo, che potremmo battezzare “Mastellopoli”. A questo bisogna aggiungere i suoi, un giorno si e un giorno no, “mi dimetto”. Forse Clemente se l’è cercata, ha tirato troppo la corda, conducendo un partito sul “modello familiare” e stando sempre con un piede di qua e uno di là.

Ma su una cosa ha ragione, e gliene si deve dare atto, quando dice: “Dicono che io sia ‘il capo della Casta’ e poi vedo che nelle loro liste ci sono le segretarie delle segretarie di ministri ed ex ministri”. E’ la sacrosanta verità. In questo frangente di campana elettorale, in cui prendono corpo le liste, si assiste a pure operazioni di facciata, con candidature di “giovani” e cosiddette “facce nuove”. Lo saranno pure, ma una certa “puzza” si avverte quando vedi, ad esempio, che in Campania il Pd candida Silvio Sircana (cosa c’entrerà Sircana con i campani?), la segretaria del ministro Giuseppe Fioroni, Luciana Pedoto, e soprattutto Anna Maria Carloni, il cui nome forse non dice niente, ma dice tutto quando si pensa al nome di suo marito: Antonio Bassolino. Si, proprio il Bassolino due volte sindaco di Napoli, due volte governatore della Campania, ex ministro del Lavoro, ex commissario per l’emergenza rifiuti in Campania e, soprattutto, uno dei principali responsabili del disastro della monnezza che ha sommerso le province di Napoli e Caserta, per il quale è stato rinviato a giudizio.

Oggi l’ex Guardasigilli, che non sarà un “santo” ma non è nemmeno l’unico “diavolo”, rischia, se il meccanismo dello sbarramento funzionerà, di non andare in Parlamento, mentre la moglie di Bassolino, in terza posizione nella lista campana del Senato dietro Follini e Andria, ha già il posto garantito.

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