Tibet, il governo cinese: “Nessuna tolleranza”

di Antonio Taglialatela

Un manifestante tibetano a KatmanduCINA. Il Dalai Lama è pronto a dimettersi e ad incontrare il presidente cinese Hu Jintao, il Papa lancia un appello affinché venga scelta la strada del dialogo. Ma la reazione del governo cinese è decisamente negativa: “Non può esistere tolleranza per criminali che devono essere puniti secondo la legge”, dichiara un portavoce del governo di Pechino.

Intanto, resta incerto il bilancio degli scontri degli ultimi giorni. Non si hanno notizie precise, anche perché il governo ha espulso tutti i giornalisti stranieri presenti in Tibet. Gli ultimi due, i corrispondenti tedeschi Georg Blume e Kristin Kupfer, che insistevano per rimanere, sono stati costretti a partire perché un alto funzionario cinese ha minacciato di ritirargli il visto per la Cina. L’agenzia Nuova Cina riferisce di 350 feriti a Lhasa solo nelle violenze di martedì scorso e di danni materiali per 20 milioni di euro. Di morti, finora, ce ne sarebbero stati 16 secondo le autorità cinesi, ma gli esuli tibetani parlano di almeno 100 persone. Proseguono anche gli arresti, 200 quelli resi noti dal governo, 800 quelli che contano i tibetani.

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