MILANO. Dopo aver combattuto lunghi mesi contro una grave patologia cardiaca, se ne è andato, quasi in punta di piedi, lindimenticabile entertainer televisivo Gianfranco Funari.
Nato a Roma 76 anni fa da una famiglia umile (il padre era un vetturino di idee marcatamente socialiste), Funari ha, sempre, considerato le sue origini una ricchezza da cui attingere per imporsi nel mondo dello spettacolo.
Lesordio risale agli anni ’60, periodo nel quale comincia a calcare i palcoscenici dei locali di cabaret, fino ad approdare nel 1969 al rinomato Derby di Milano, dove interpreta monologhi di satira di costume. La pungente ironia diretta al malcostume nazionale, che a volte si trasforma in icastico sarcasmo e in altri casi sconfina nello sberleffo puro o in colorite, animate, grottesche denunce sociali, diventa la cifra inequivocabile delle sue seguitissime esibizioni catodiche.
Lo stile “poco pulito”, diretto, senza mezzi termini, straordinariamente comunicativo cattura lattenzione di un pubblico enormemente eterogeneo, anche se, per sua stessa ammissione, il target privilegiato delle veementi esibizioni rimane la semplice casalinga, immersa nelle faccende domestiche ma, assolutamente, sensibile allurlo mediatico di una persona vicina alle esigenze del popolo e, soprattutto, al suo linguaggio quotidiano.
Debutta in televisione nel 1970 nello show La domenica è unaltra cosa con Raffaele Pisu e quattro anni piú tardi è tra i protagonisti del programma Foto di gruppo di Castellano e Pipolo. La prima conduzione la ottiene a Telemontecarlo nel 1980 grazie al talk “Torti in faccia, capace di introdurre un format televisivo innovativo nel quale cittadini ordinari si confrontano, in animati scontri verbali, su problematiche di carattere vario, riproposto in Rai nel 1984 con il titolo Aboccaperta.
Nel 1987 diviene il mattatore della fascia di tarda mattinata con Mezzogiorno, programma, andato in onda per tre anni consecutivi, focalizzato, essenzialmente, sul dibattito politico. La scelta coraggiosa di invitare
Dopo una sfortunata parentesi come direttore del quotidiano LIndipendente, conduce Ledicola di Funari su Odeon tv, riuscendo, nel mordace commento delle notizie calde apparse sui quotidiani nazionali, a raggiungere il traguardo agognato, ovvero quello di esser riconosciuto e ricordato come il giornalaio piú famoso dItalia. Ancora una volta, da questa sua accorta definizione, giunge la precisa volontà di sentirsi, esclusivamente, uninstancabile lavoratore (e non già una superstar) in grado di strillare dal pulpito della notorietà televisiva la rabbia e lindignazione, pienamente, condivise dal suo popolo.
Nel 1997 tenta anche la carriera politica, presentandosi alle elezioni a sindaco di Milano con la Lista Funari, ma prima del responso delle urne decide di rinunciare alla corsa, nonostante i buoni riscontri ottenuti nei sondaggi. Lanno successivo si concede una breve vacanza cinematografica, partecipando in veste di attore al lungometraggio Simpatici e antipatici di Christian De Sica. Tale esperienza non rimane isolata e viene ripetuta nella fiction (Lo sbirro di Pasquale Squitieri), nel teatro (Candido, Re Lear diretti da Andrea Liberovici) e nel cortometraggio (Centomila leoni, sempre di Liberovici). Proseguono, nel frattempo, gli impegni televisivi, che spaziano dal varietà (Per tutta la vita) al talk (Extra Omnes, Virus).
Ritorna in Rai nellaprile 2007 con il controverso Apocalypse Show/Vietato Funari ideato da Diego Cugia, apocalittico one man show alla maniera di Celentano, che non ottiene, però, gli ascolti sperati, pur proseguendo nella programmazione per tutte le cinque puntate previste.
Indimenticabili rimangono le sue esternazioni ai programmi Mediaset Il senso della vita, in cui lancia un dilaniante appello a smettere di fumare e non rovinarsi irrimediabilmente la salute, come lui ha invece fatto, e a Le Iene, nel quale si toglie goliardicamente la dentiera per rivelare che il celebre (e imitatissimo) sorriso alla Funari è, solo, il risultatodi una brillantissima, ineccepibile protesi.