Il caso Del Turco ad “Ottovolante”: i dettagli dell’inchiesta

di Redazione

Del TurcoPESCARA. Su Rete8 sono andate ieri in onda, anche in streaming sul sitoAbruzzo24ore.tv, le prime avvisaglie della resa dei conti nel centrosinistra regionale, il cupio dissolvi dell’era Del Turco.

Un inquietante spaccato di un modo di fare politica ammorbato dall’affarismo e dalla spregiudicatezza, raccontato con dovizia di particolari dal procuratore Nicola Trifuoggi, nel corso della conferenza stampa riproposta integralmente dalla trasmissione Ottovolante.

Ospiti del conduttore Pasquale Pacilio, il senatore del Partito Democratico Giovanni Legnini, Maurizio Acerbo di Rifondazione comunista, Carlo Costantini parlamentare dell’Italia dei Valori, Fabrizio Di Stefano, senatore del Popolo delle Libertà.

L’esordio di Acerbo e Costantini suona immediatamente alle orecchie di Legnini come un perentorio “Scordati la nostra solidarietà al Pd”. Entrambi fanno infatti complimenti ai magistrati, chiedono elezioni immediate, annunciano l’uscita dalla maggioranza. Maurizio Acerbo, che certo ha il dente avvelenato nei confronti del Pd dall’indomani della batosta elettorale del suo partito, la prima vera stilettata la riserva però al senatore Di Stefano: “Gravi le dichiarazioni contro i magistrati del presidente Berlusconi. Il premier, temo, potrebbe fare anche di Del Turco un eroe”. L’allusione allo stalliere Mangano e ad eventuali statue del presidente Del Turco nel giardino di Arcore, scatena Fabrizio Di Stefano, che replica: “Voi di Rifondazione che avete fatto per tre anni? Una cosa è certa: avete votato la fiducia alla nuova giunta, e un programma di fine legislatura”. E insinua: “Se non fosse intervenuta la magistratura a scoperchiare il pentolone avreste fatto finta di niente, pur di tenervi stretto il posto in giunta”. Acerbo, uomo di lotta e non più di governo, ribatte: “Con Del Turco non parlo da due anni, e proprio per il nodo sanità. Abbiamo anzi denunciato i favoritismi ad Angelini, sia politicamente che alla magistratura. Se abbiamo votato la fiducia alla nuova giunta è solo perché non volevamo restituire l’Abruzzo alla destra, che ha inventato questo sistema perverso ed è responsabile almeno quanto coloro che sono stati arrestati oggi, basti pesare all’implicazione di Vito Dominici e del manager Asl Luigi Conga”.

Ostenta plumbea serenità Giovanni Legnini; incassa senza reagire i continui attacchi di Costantini, Acerbo e Di Stefano e parla di una giornata molto triste per la regione, forse la peggiore. Invita al sangue freddo e ad abbassare i toni. Auspica un grande cambiamento della politica abruzzese. Il malaffare è trasversale, sottolinea. E sfodera un’argomentazione buona per tutte le stagioni processuali: “Occorre distinguere le responsabilità personali, ancora da verificare, da quelle politiche”. “Chiederemo un consiglio regionale straordinario”, annuncia Di Stefano, perché, argomenta, “la regione è una nave senza cocchiere, in un momento drammatico a causa del debito della sanità e della crisi economica. Del Turco – conclude il senatore – farebbe bene però a dimettersi immediatamente”.

In una cosa concordano gli ospiti di Pacilio: per la regione saranno comunque dolori, perché ci sarà una vacatio regni che, vista la gravità della situazione debitoria, non ci si potrebbe permettere. Ma di governo di larghe intese, di responsabilità regionale, nessuno parla. La parola più gettonata, anche da parte di Legnini, è “elezioni”.

Il dibattito, come accennato, viene intervallato dagli spezzoni della conferenza stampa di Nicola Trifuoggi e le parole del procuratore, misuratissime, sono pesanti come pietre, e demoliscono, agli occhi dei telespettatori, la residua credibilità di chi governa, con spunti tragicomici. Fino a prova contraria e con presunzione di innocenza, s’intende. Dalla sua ricostruzione si scopre, ma un po’ lo sapevano tutti, che l’imprenditore della cliniche private Vincenzo Angelini, ha per anni considerato la sanità pubblica come una mucca da mungere. Ma anche lui è stato considerato tale, da parte di uomini politici avidi ed insaziabili. Il latte fuor di metafora sono i soldi dei contribuenti. Nella ricostruzione del procuratore, il neo-capogruppo Pd Camillo Cesarone viene di fatto dipinto come un solerte faccendiere che per anni ha fatto la spola tra Villa Pini, dove ha lavorato, e palazzo Centi. Per chiedere soldi ad Angelini. Tanti soldi, sempre di più. Da una registrazione fatta dall’imprenditore, Cesarone spiega senza troppe perifrasi: “Il presidente non ti può ascoltare gratis”. Bisogna ungere gli ingranaggi, insomma, con cospicue mazzette, come ai tempi di Tangentopoli, per avere orecchie attente e recettive. In cambio Del Turco e i suoi accoliti – oltre al fedelissimo Cesarone, anche l’assessore Boschetti e il segretario particolare Lamberto Quarta – stando alle accuse, avrebbero promesso e in parte attivato corridoi privilegiati per gli interessi economici di Angelini nel campo della sanità privata. Ovvero convenzioni vantaggiose, scarsi o nessun controllo sulla congruità delle prestazioni. In barba alla tanto sbandierata riduzione dei costi della sanità, e della chiamata al sacrificio per portare a buon esito il piano di rientro del debito. Delibere e provvedimenti amministrativi preconfezionati e venduti un tanto al chilo, insomma, come la porchetta nelle sagre che tanto disgusto suscitano al presidente. Fruttate complessivamente al quartetto Del Turco, Quarta, Cesarone e Boschetti oltre 6 milioni di euro.

Un esempio di trattamento di favore è, secondo gli inquirenti, la delibera di giunta numero 58 approvata nel febbraio 2008, e da cui è partita l’inchiesta della magistratura. Con essa la regione Abruzzo ha sbloccato un saldo di 14 milioni di euro a favore della Deutsche Bank, la stessa banca che aveva cartolarizzato i crediti che Angelini esigeva dalla Regione. Crediti a quanto pare gonfiati, e il giochetto stava tutto lì, nella gallina dalle uova d’oro chiamata cartolarizzazione.

La delibera 58 solleva però un polverone e viene ritirata. Angelini allora, spiega il procuratore Trifuoggi, si lamenta perché, nonostante i continui esborsi, “che mi stanno a rovinà”, non ha ancora ottenuto nulla di concreto. A sorpresa i suoi interlocutori istituzionali cambiano le carte in tavola: “Caro Angelini – gli spiegano – per il momento non possiamo aiutarti come promesso, però i soldi ce li devi dare lo stesso, perchè noi ti possiamo proteggere da Procura, Carabinieri e Finanza”. Insomma, un ricatto bello e buono, con promesse però millantate, secondo il procuratore Trifuoggi.

Il tutto sarebbe stato documentato da Angelini con un registratore nascosto nel taschino. Come ci sarebbero prove schiaccianti di viaggi a Collelongo da parte di collaboratori di Angelini per consegnare, comodamente a domicilio, valigette piene di mazzette a casa del presidente Del Turco. La mitica casalinga di Voghera, che fessa non è, la cartolarizzazione la spiegherebbe così: la Asl sciala i nostri soldi con stipendi da capogiro per i dirigenti, assunzioni clientelari e prestazioni comprate a peso d’oro alle cliniche private ed altri fornitori esterni. La Regione, per evitare il crack, interviene per ripianare il debito e pagare i fornitori, ma non ha soldi in contanti e se li fa prestare dalle banche, o meglio dagli azionisti che comprano una parte del debito trasformato in titoli. Ma la Regione dichiara più debiti di quelli effettivi e i proventi di quello che un comune spacciatore di droga chiamerebbe “scaglio”, viene spartito tra la cricca di politici e imprenditori che gestiscono l’operazione. Gli interessi del prestito chiesto alle banche e il buco della sanità, in Abruzzo circa un miliardo di euro, restano come sempre sulle spalle dei contribuenti e dei loro figli.

Dalla spy-story e dall’alta finanza creativa alla commedia all’italiana: gli abruzzesi, grazie all’inchiesta, fanno conoscenza di un certo Luigi Conga, ex-direttore della Asl di Chieti, in quota del centro-destra, trombato con l’avvento di Del Turco. Amante delle belle donne e collezionista di rolex d’oro. E’ stato arrestato mattina a bordo della sua fiammante Porsche, sul sedile una valigetta contenente 113mila euro. Colto infine da malore alla vista delle manette. “Quei soldi non gli servivano certo per pagare il pedaggio dell’autostrada – commenta Trifuoggi – riteniamo che volesse fuggire”. Ai tempi dell’assessore Vito Dominici, anche lui implicato per aver ricevuto 500mila euro, Conga avrebbe ottenuto dal munifico Angelini uno stipendio di 100mila euro al mese per 18 mesi come premio per i tanti favori fatti dal governo regionale di centro destra. L’appetito però vien mangiando, e Conga rincara la dose: pretende la bellezza di 5 milioni di euro minacciando l’imprenditore di bloccare le procedure per la cartolarizzazione dei debiti.

Fa impressione ancor di più l’immagine di un Ottaviano Del Turco che, temendo il peggio, non si sente sicuro e cerca agganci nelle alte sfere delle forze dell’ordine, mobilita le sue amicizie, ottiene un incontro con il procuratore dell’Aquila Micarelli, per bloccare o almeno silenziare l’inchiesta. L’incontro però si rivela una trappola, Micarelli aveva avvertito il procuratore Trifuoggi e quello che si sono detti, certamente non commenti estetici sui quadri appesi alle pareti, sono agli atti dell’accusa.

Avrebbe fatto la gioia di Dino Risi, maestro scomparso della commedia all’italiana, il siparietto della famigerata “cena del capretto”, a casa del manager Giancarlo Masciarelli, con Del Turco, Quarta e Cesarone e Boschetti che, addentando carne fumante e saporita, si spartiscono 12,8 milioni di euro. Scena da film anche quella in cui il presidente Del Turco accoglie nella sua casa di Collelongo l’imprenditore Angelini, che porta con sé una busta contenente 200mila euro di mazzette. Dopo aver parlato un po’ di arte, il presidente per non insospettire l’autista di Angelini, che aspetta fuori e intanto di nascosto fotografa tutto, mette dentro la stessa busta quattro mele, che commenta l’imprenditore “mi sono costate 50mila euro l’una”. O ancora ci immaginiamo Angelini che, manco fosse Beppe Grillo, urla vaffanculo al deputato di Forza Italia Sabatino Aracu, che gli aveva telefonato per chiedergli un “contributo di due milioni di euro”.

Le colombe della cricca sembrano alla fine essere l’assessore della sanità Bernardo Mazocca e il suo assistente Angelo Bucciarelli, i quali si sarebbero limitati a imporre assunzioni a Villa Pini, ovviamente inutili e senza selezione, né requisiti, richiesti ai comuni mortali. Viene da chiedersi: si era accorto l’assessore Mazzocca del valzer di tangenti che vorticava sotto il suo naso, delle stranezze contenute nelle delibere? Trifuoggi non dice, ma anche in caso di risposta negativa, l’assessore che per anni si è presentato come il moralizzatore del far west della spesa sanitaria, ne esce politicamente con le ossa rotte. Come ai tempi di Tangentopoli si ripropone poi l’amletico quesito: “Costoro hanno rubato per se stessi o per il partito?”.

Un episodio, citato da Trifuoggi, può servire da indizio: Del Turco avrebbe chiesto ad Angelini un milione di euro tutti insieme: gli servivano, è stato spiegato all’imprenditore, per convincere otto senatori dello Sdi a seguirlo nel Partito democratico. Nell’era della morale liquida, dei partiti azienda e delle aziende che diventano partiti , è davvero difficile dire se tutto ciò sia stato fatto, con eroico sprezzo del pericolo, per finanziare un’ideale, la corrente socialista in seno al Pd (anche un piccolo ideale merita rispetto) oppure per mera e meschina avidità di denaro e di potere personale. E, se sono vere le confessioni di Angelini, fanno riflettere anche le reali motivazioni che spingono i senatori ad aderire a nuovi progetti politici.

Gli ospiti di Pacilio ascoltano in silenzio il racconto di Trifuoggi. Nel loro volto sono evidenti le tracce di imbarazzo. Loro sono innocenti, del tutto estranei ai fatti, non potevano sapere, anzi forse rappresentano un’alternativa a questo mondo politico in putrefazione morale. Ma anche loro sono tenuti a chiedere scusa agli elettori, perché in quel mondo marcio, loro malgrado ci sono dentro fino al collo. E in certi casi per uscirne bisognerebbe essere capaci di sforzi paradossali, come quello del barone di Monchausen che riuscì a venir fuori dalle sabbie mobili tirandosi per il codino.

Il procuratore Trifuoggi continua a parlare: spuntano anche i 21 milioni di euro del gruppo Angelini, proventi illeciti, stando alle accuse e riciclati dal suo dirigente Gianluca Zelli in forma di un abnorme sponsorizzazione a favore del motociclista Andra Dovizioso, che sarà bravo ma non è mica Fernando Alonso. Questi soldi non sono mai stati trovati, commenta sconsolato Trifuoggi, occultati nei dedali delle società off-shore. Dispersi in mille rivoli, come la credibilità della classe dirigente abruzzese. Come il morale di un’intera regione, che ancora una volta si sente tradita e presa in giro. Fino a prova contraria.

dal sitoAbruzzo24ore.tv (commento di Filippo Tronca)

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