El Pais: “Gomorra, Italia”

di Redazione

SocondiglianoNAPOLI. Un Sistema che prolifera nonostante i colpi ricevuti, figlio di un Paese che non sa più distinguere il bene dal male. video

I grandi capi della camorra napoletana, i loro killer e i loro contabili abbandonano i vecchi comportamenti e i vecchi codici per adottare quelli che vengono loro attribuiti dai film di Hollywood.

Un esempio: a Casal di Principe il capo della «famiglia», Walter Schiavone, ha voluto che gli architetti gli costruissero una sontuosa dimora che riproduce al millimetro quella abitata da Tony Montana (Al Pacino) in Scarface. Le mogli dei camorristi si vestono come Uma Thurman in Kill Bill, con parrucche bionde e abiti giallo fosforescente.

E un vecchio poliziotto ha raccontato, in tribunale, che da quando hanno visto i film di Tarantino i killer delle varie «famiglie» uccidono proprio come quei personaggi di celluloide: sparando al basso ventre, all’inguine, alle gambe, ferendo in modo grave per far sì che la morte non arrivi subito e «giustiziando», poi, le vittime con un colpo alla nuca.

La camorra non è una sola organizzazione, ma un nome generico per indicare le innumerevoli «famiglie» che, a volte, si alleano per compiere particolari affari o impongono la propria sovranità su un territorio o gestiscono attività diverse – immigrazione clandestina, prostituzione, falsi di prodotti di lusso, droga, case da gioco, scorie tossiche ecc. – e che, di tanto in tanto, entrano in conflitto tra loro tentando di annientarsi in guerre d’indescrivibile ferocia.

Si tratta di un Sistema alla cui base stanno i killer, quelli che spacciano in strada ogni genere di stupefacenti, e al cui vertice operano finanzieri, investitori e industriali dal potere enorme, pari al loro talento imprenditoriale. Nessuno meglio della camorra ha saputo utilizzare gli orizzonti spalancati dalla globalizzazione nel campo dell’economia e approfittare così bene delle nuove tecnologie.

Un solo esempio per spiegare con quanta efficacia la camorra ha saputo stendere reti che abbracciano il mondo intero. Gomorra, lo straordinario libro-reportage di Roberto Saviano, si apre con la descrizione del porto di Napoli dove la mafia sistema i cinesi portati clandestinamente in Italia per lavorare nei vari settori in cui si articolano le società realizzate con il gigante asiatico. Un consistente numero di questi immigrati arriva a Napoli per imparare, da «maestri» locali, le tecniche per falsificare alla perfezione scarpe, vestiti, cappelli e altri capi della moda italiana: le stesse tecniche verranno poi utilizzate nei laboratori di sartoria cinesi dove si fabbricano i prodotti di Gucci, di Armani e di altri grandi stilisti che, in seguito, l’organizzazione venderà in tutto il pianeta. Le lezioni si tengono in locali della mafia, con l’aiuto di traduzioni simultanee. In un indimenticabile episodio raccontato da Gomorra incontriamo un capo mafioso emozionato sino alle lacrime mentre vede in tv, durante la notte degli Oscar, Angelina Jolie infilata in un magnifico abito bianco di grande griffe che lui stesso ha provveduto a far falsificare.

Non tutte le imprese della camorra lavorano nell’illegalità; molte si muovono su un piano intermedio, alternando attività legali con altre, diciamo, informali. Il che si può affermare anche per un consistente numero di aziende legali che, indotte dalla pressione ambientale, dall’avidità o dal ricatto, hanno via via subìto il contagio dell’illegalità e, dietro una facciata rispettabile, nascondono attività che si servono del Sistema o servono a esso. Il libro di Saviano trasmette l’impressione che questo Sistema, invece di contrarsi sotto i colpi della polizia e della magistratura, avanzi in modo organizzato infettando tutto quanto gli sta attorno. Anche solo contando le imprese legate al turismo e al divertimento realizzate dalla camorra sulla Costa del Sol – la Spagna è stata per parecchi anni la terra promessa per i capi camorristi, che lì possedevano ville in cui nascondevano i loro uomini più ricercati e in cui tenevano le riunioni di lavoro – si ha la sconcertante sensazione che, se le cose continueranno così, tra non molto sarà l’economia che si muove nel rispetto della legge a essere in minoranza, e il dominio del mondo apparterrà alla camorra, a Cosa Nostra, alla ‘ndrangheta calabrese e simili.

A che cosa è dovuta la capacità di proliferazione della mafia napoletana? Non certo al fatto che non sia perseguita. Quest’ipotesi è un mito che Roberto Saviano sgretola nel suo libro. Anche se la camorra conta sulla complicità di politici, uomini delle forze dell’ordine e giudici, lo Stato la colpisce senza sosta, incarcerando i suoi quadri dirigenti, sequestrando i suoi beni, spedendo in galera per lunghi anni i suoi killer e i suoi contabili. Determinante è il ruolo dei pentiti: grazie alle loro confessioni si sono scoperti anche i particolari di certe operazioni, confiscate astronomiche quantità di droga, smantellate fabbriche di merce falsificata, smontati i circuiti utilizzati per il riciclaggio del denaro sporco. Eppure, anche così, il Sistema ha raggiunto tali livelli di potere economico, tali capacità di adattarsi alle mutate circostanze e di rinnovare i propri quadri che i colpi ricevuti non bastano a metterne in forse l’esistenza. Per quanto sembri paradossale, spesso, in certi paesi e in certi quartieri, può contare sull’appoggio d’un vasto settore sociale, quello più povero ed emarginato, che, identificando nella camorra l’unico mezzo di sussistenza, la difende, nasconde i suoi ricercati, depista le indagini, addirittura lincia o emargina chi osi denunciarla. Una delle storie più commoventi raccontate da Saviano è la via crucis d’una maestra di Mondragone che, per aver osato denunciare l’autore d’un omicidio di cui era stata testimone, divenne un’appestata a cui nessuno più rivolgeva la parola, fu retrocessa nella sua carriera e trasferita in un miserabile paesino dove molte volte, certo, si sarà domandata se agire da persona per bene non sia, nel mondo in cui vivimo, un comportamento da martiri o da stupidi.

E, leggendo Gomorra, viene meno un altro mito. Quello per cui la camorra, nata dal popolo, manterrebbe legami di profonda solidarietà con le proprie radici. Il capitolo finale del libro è così atroce da far rizzare i capelli quando racconta nei particolari una delle operazioni più redditizie per la criminilità e dalle conseguenze più nocive per i napoletani: il traffico clandestino per portare dal Nord Italia i residui tossici industriali e seppellirli nelle campagne. È un’attività che consente alla camorra guadagni immensi e comporta danni smisurati per i contadini e gli abitanti di quelle terre avvelenate dagli acidi.

Nell’eccellente libro di Saviano c’è, però, un’analisi che non condivido: non credo, come lui, che il fenomeno-camorra sia una realtà connaturata al sistema capitalista: secondo me ne è un bubbone, una deformazione. Qualcosa che tutti i grandi studiosi della libera economia, da Adam Smith a Friedrich von Hayek, hanno indicato come possibile quando l’impresa privata operi in un mondo senza leggi o con leggi disattese, privo d’una cultura e di una morale in grado di separare con chiarezza il giusto dall’ingiusto o, per utilizzare termini religiosi, il bene dal male. Non è il capitalismo, ma l’Italia a essere corrotta.

El Pais (MARIO VARGAS LLOSA)

I luoghi di Gomorra – by Pupia.tv

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