Turisti rapiti in Egitto: “Se provate a liberarli li uccideremo”

di Redazione

l’altipiano di Gilf el KebirROMA. Si infittisce il giallo sul gruppo di turisti stranieri, tra cui cinque italiani, sequestrato in Egitto al confine tra il Sudan e la Libia.

Nella tarda serata di ieri il ministro degli Esteri egiziano aveva annunciato la liberazione che però non è stata confermata dalla Farnesina. Secondo l’agenzia ufficiale Mena la trattativa sarebbe ancora in corso. Oltre ai cinque italiani rapiti, tutti di Torino e provincia (Giovanna Quaglia, 52 anni, Lorella Paganelli, 49 anni, Mirella De Giuli, 70 anni, Michele Parrera, 71 anni e Walter Barotto, 68 anni), ci sono cinque turisti tedeschi, una romena e otto egiziani che li accompagnavano, fra guide, personale di sicurezza, autisti. Il gruppo era impegnato in una escursione sull’altipiano di Gilf el Kebir, uno dei punti più suggestivi dell’Egitto meridionale e meta di appassionati di deserto e archeologia ma anche una zona pericolosa, crocevia di traffici di contrabbando. Lì è avvenuto il rapimento. Incerta la dinamica: non è chiaro se i turisti siano entrati in territorio sudanese durante l’escursione.

Intanto,è stata istituita al Cairo una unità congiunta italo-tedesca che interloquisce costantemente con le autorità egiziane.

Alcune fonti egiziane affermano che i rapitori avrebbero minacciato di uccidere gli ostaggi se saranno fatto tentativi di liberarli. Lo avrebbe riferito uno degli ostaggi, un operatore turistico, che ha contattato la moglie tedesca, la quale ha poi contattato le autorità egiziane.

Nel pomeriggio le autorità hanno riferito cheè stata localizzata la prigione dei 19 turisti. L’ipotesi di un blitz per liberarli è comunque esclusa:il Cairo e Khartoum preferiscono portare avanti il negoziato. “Si trovano nella terra di nessuno tra il confine sudanese, egiziano e libico nell’area di Jebel Uweinat. – ha detto il sottosegretario sudanese agli Esteri, Boutros Sadiq La loro posizioneè stata individuata e le autorita’ di Sudan ed Egitto sono in stretto contatto. Dal nostro punto di vista la sicurezza degli ostaggiè priorità assoluta: non vogliamo un’operazione in cui si corra il rischio che rimangano feriti”.

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