Una vera e propria guerra a suon di sequestri e indagati si sta scatenando tra la procura di Catanzaro e quella di Salerno.
Il tutto nasce da un presunto complotto ai danni dellex pm Luigi De Magistris in cui la procura calabrese avrebbe ostacolato le inchieste Why not e Poseidon. Ieri la procura di Salerno aveva denunciato lingiusto trasferimento di De Magistris al Csm di Napoli dettato, secondo quanto scritto nel decreto di 1700 pagine, dal tentativo di bloccare qualsiasi indagini su nomi illustri come lex Ministro della Giustizia Clemente Mastella e lex presidente del Consiglio Romano Prodi.
La Procura di Catanzaro, però, non è rimasta a guardare e ha avviato uninchiesta in cui sono indagati il procuratore capo di Salerno Luigi Apicella ed i sostituti Dionigio Verasani, Gabriella Nuzzi, Patrizia Gambardella, Roberto Penna, Vincenzo Senatore e Antonio Centore. I reati ipotizzati sono abuso d’ufficio e interruzione di pubblico ufficio.
Sulla vicenda, divenuto un vero e proprio caso nazionale, è intervenuto anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano che ha chiesto, attraverso una lettera che il segretario generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra ha indirizzato al procuratore generale presso la Corte di appello di Salerno Lucio Di Pietro, gli atti e le informazioni dellinchiesta poiché, secondo Napolitano, è una vicenda che presenta aspetti di eccezionalità con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale, primo tra tutti quello di determinare la paralisi della funzione processuale.
In una riunione generale del Csm ha preso la parola il vicepresidente Nicola Mancino per difendersi dalle accuse diffuse da alcuni quotidiani secondo cui sarebbe coinvolto nel complotto contro lex pm De Magistris: Il giorno in cui una campagna di stampa dovesse incidere sulla mia autonomia non ho difficoltà a togliere l’incomodo. Non vorrei avere su di me neppure l’ombra di un sospetto il giorno che dovesse accadere non avrei esitazione a lasciare. Non ho mai telefonato a Saladino, – ha proseguito Mancino parlando dell’ex presidente della Compagnia delle Opere e principale indagato nell’inchiesta Why Not – la chiamata partita da uno dei miei numeri di telefono è stata fatta da un’altra persona, da un rappresentante di Comunione e liberazione, Angelo Arminio, che nel 2001 era nella schiera dei miei collaboratori. Lintero consiglio del Csm ha espresso la completa solidarietà a Mancino, come ha sottolineato il togato della Magistratura Democratica Livio Pepino: Eravamo ampiamente consapevoli che l’operazione in atto mira a colpire tutti noi. Bisogna avere grande rigore e trasparenza con una risposta dura che ci porta a non farci intimidire.