LAMPEDUSA. La tensione altissima che serpeggiava nel Cie (Centro di identificazione ed espulsione), in questi ultimi giorni, è sfociata in rivolta.
Ieri, infatti, è iniziata la protesta di un gruppo di circa 300 tunisini che aveva cominciato lo sciopero della fame per ribellarsi al trasferimento di 107 loro connazionali a Roma, in vista del rimpatrio coatto. Inizialmente gli immigrati presenti nel centro avevano cercato di sfondare i cancelli e poi hanno ammassato, in tre punti distinti del centro di accoglienza, materassi, cuscini e carta straccia e poi hanno appiccato il fuoco. Il forte vento che soffiava sullisola e il materiale altamente infiammabile di cui è composta la struttura dell’ex Cpa, hanno fatto sì che si sviluppasse un incendio di vaste dimensioni tanto che le operazioni di spegnimento sono state molto difficili. Il capannone centrale è stato distrutto e l’incendio ha colpito anche altri edifici, inoltre sono 14 gli intossicati tra poliziotti, pompieri e carabinieri, oltre a due tunisini.
Il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis sostiene che il responsabile di tutto è il Ministro dellInterno Roberto Maroni: Le fiamme sono arrivate a 10 metri di altezza, una nube tossica sprigionata dai pannelli coibentati sta raggiungendo il paese, chiedo l’immediata evacuazione della struttura. Grazie all’opera svolta dal ministro Maroni si è corso il rischio che a Lampedusa potesse accadere una strage sia tra gli immigrati, sia tra le persone che lavorano all’interno del centro e tra la popolazione. Ha trasformato il centro in un lager, gli immigrati sono esasperati.
Un appello al Governo arriva anche da Laura Boldrini, portavoce dellUnhcr (l’agenzia dell’Onu per i rifugiati), che ha affermato: Abbiamo sollecitato un intervento del Viminale perché è pericoloso lasciare nel Cie migranti e operatori vicino alle fiamme e al fumo. È necessario approntare misure urgenti per spostare le persone per ridurre il numero intossicati e ustionati. È una situazione che covava da settimane, fin dagli atti di autolesionismo. Cè una grossa tensione per i rimpatri, i migranti si sentono persi e tentano il tutto per tutto.
Intanto la procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per sondare le condizioni di vita e di salute al centro di accoglienza.