G8, no della Cina alle regole sul clima

di Redazione

SitoG8/ANSA foto: Maurizio BrambattiL’AQUILA. L’intesa sulle regole anticrisi economica approvata dal G8 viene accolta anche dal G14.

La dichiarazione sull’Agenda globale contiene i paragrafi economici, sul rilancio dei negoziati di Doha e sull’impegno comune verso i paesi più poveri. Tra i punti principali su cui è giunto l’ok anche dei paesi emergenti: la volontà di uscire con politiche condivise dalla crisi con lo stimolo all’economia dei diversi Paesi, il legal standard e il sostegno alle politiche di inclusione sociale. Gli 8 grandi, con i paesi del G5 (Cina, India, Messico, Sud Africa, Brasile) più l’Egitto, si impegnano inoltre insieme ai leader dei paesi del Mef (Major Economies Forum) – Australia, Corea del Sud e Indonesia – ad una conclusione dei negoziati di Doha, sul libero commercio mondiale, entro il 2010 si legge nella dichiarazione ufficiale. “È necessario sostenere una ripresa forte dell’economia e un tale contesto richiederà la riabilitazione dei settori bancari in alcuni Paesi e la ripresa del credito su una base sana”. È quanto si sottolinea nella dichiarazione congiunta dei paesi del G14 a cui va aggiunta la Svezia, presidente di turno Ue. “Mentre continueremo a sostenere le nostre economie con ogni misura necessaria per superare la crisi, cominceremo anche a preparare le strategie di uscita dalle misure di Governo straordinarie adottate per rispondere alla crisi” è scritto nel documento. Il testo sottolinea che queste strategie di uscita “saranno adottate quando la ripresa sarà assicurata”.

Sul clima, invece, si conferma contraria la Cina. L’accordo raggiunto dal G8, quindi, non vincola Pechino, che ritiene fondamentale la necessità per i Paesi sviluppati di prendere in considerazione “le diverse condizioni” dei Paesi emergenti e di quelli in via di sviluppo. La Cina trova l’appoggio dell’Egitto, chechiede di non imporre ai Paesi emergenti nessun vincolo sulla riduzione di gas serra. In vista della conferenza di Copenaghen di fine anno che dovrà ridisegnare le strategie globali per il post-Kyoto, il leader egiziano Mubarak ha invocato un compromesso “equo ed equilibrato”, che prenda cioè in considerazione “le aspirazioni dei Paesi in via di sviluppo, e che non imponga loro vincoli che abbiano effetti su tali aspirazioni”.

L’accordo raggiunto (contenere a due gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale il riscaldamento massimo del pianeta e ridurre tra il 50 e l’80 per cento le emissioni di gas inquinanti entro il 2050) non ha vinto dunque le resistenze della Cina, raccogliendo d’altra parte anche le critiche dell’Onu. Secondo il numero uno delle Nazioni Unite Ban Ki-moon infatti i progressi raggiunti dagli Otto Grandi “non sono sufficienti”. I Paesi del Mef (formato allargato del G8 più G5 più Australia, Indonesia e Corea del sud; più la Danimarca nel ruolo di presidente della conferenza mondiale sul clima del prossimo dicembre) hanno in realtà detto “sì” alla soglia dei due gradi centigradi di riscaldamento globale rispetto all’era preindustriale, rifiutando però l’accordo sul taglio del 50 per cento delle emissioni, secondo quanto si apprende da una bozza della Dichiarazione finale del Forum dei leader delle maggiori economie che sarà approvata giovedì pomeriggio a L’Aquila.

Sui contrasti tra i Paesi del G8 e quelli emergenti, il presidente americano Barack Obama è però ottimista: “C’è ancora tempo per superare le differenze con i paesi emergenti sulle riduzioni di gas nocivi”. Silvio Berlusconi e il premier britannico Gordon Brown, ancora prima dell’accordo raggiunto dal Mef, hanno insistito a più riprese sulla “necessità di trovare un’intesa sul clima e sull’ambiente” per introdurre i sei paesi emergenti al tavolo degli Otto Grandi.

La novità più importante che emerge dalla bozza di Dichiarazione finale sul clima è la creazione di una partnership globale per spingere verso tecnologie “amiche del clima” a basso contenuto di carbone.

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