ROMA. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in occasione della cerimonia del Ventaglio al Quirinale (il tradizionale saluto estivo ai giornalisti) affronta il tema della giustizia e delle intercettazioni telefoniche.
E lo fa tornando a chiede dialogo e “senso della misura”. “Occorre spirito di apertura”, dice il presidente, anche perché le intercettazioni, nei prossimi mesi, saranno “uno dei banchi di prova di quel confronto più civile e costruttivo tra maggioranza e opposizione che continuo a considerare necessario nell’interesse della democrazia e del Paese”.
Poi Napolitano risponde a chi lo ha attaccato quando ha espresso preoccupazione sul decreto sicurezza: “Chi mi critica non conosce la Costituzione. La tesi dell’improprietà o arbitrarietà di ogni espressione di dubbi, perplessità, preoccupazioni che non avvenga attraverso il solo canale dei messaggi formali al Parlamento, non poggia su alcun fondamento costituzionale ed è smentita da un numero tale di precedenti che non può reggere. Ascolto le critiche, anche aggressive, e vado avanti. Sulla sicurezza c’è stata una promulgazione a tutti gli effetti, accompagnata con una lettera in cui c’erano valutazioni critiche. A chi ha criticato questa modalità consiglio di andare a rileggere il libro Lo scrittoio del presidente, scritto da Luigi Einaudi, in cui lui stesso si rivolgeva al ministro del Tesoro di quell’epoca. È stata una strada dunque imboccata molte volte in passato. Chi invoca polemicamente e di continuo poteri, e persino doveri, di intervento che non ho, mostra di aver compreso poco della Costituzione e della forma di governo, non presidenziale, che essa ha fondato. Questo rilievo non tocca i tanti, semplici cittadini o soggetti collettivi, che scrivono e si rivolgono al presidente per richiamare la sua attenzione su situazioni e problemi che meritano e da me sempre riceveranno comprensione e sostegno. Meglio usare la piuma d’oca nel compito di far rispettare la Costituzione, – ha concluso Napolitano- piuttosto che un vano rotear di scimitarra.
Il presidente ha parlato anche della vicenda del giudice Paolo Borsellino, sul cui attentato è stata riaperta un’inchiesta dopo 17 anni e che ieri ha visto il boss della mafia Toto Riina auto-assolversi, dicendo: “Lo hanno ammazzato loro”, riferendosi agli uomini delle istituzioni. Rispondendo alle critiche di Rita Borsellino, sorella del magistrato ucciso nel ’92, che ha ritenuto la figura del fratello “abbandonata dallo Stato”, Napolitano dice: Appena un mese e mezzo fa abbiamo fatto una grande manifestazione a Palermo. Come si fa a dire che lo Stato ha abbandonato Borsellino?”. Sulle nuove rivelazioni riguardanti i mandati della strage, commenta: “Sono rivelazioni che vengono da soggetti per lo meno discutibili. Bisogna fare attenzione alle testimonianze rese in sede giudiziaria. È lì che vanno vagliate e, eventualmente, vanno squarciati i veli. Tutti i collaboratori di giustizia inizialmente non godono di una grande credibilità, e certe rivelazioni sono state accolte da un clamore un po’ eccessivo. Occorre lasciare che i magistrati facciano il loro lavoro”.