Sandri, i giudici: “Il poliziotto sparò per fermare l’auto”

di Redazione

Gabriele SandriAREZZO. “Appare quanto mai improbabile e del tutto irragionevole ipotizzare che l’agente possa essere stato indotto all’azione per un fine diverso da quello di fermare la macchina”.

Lo scrive la corte d’assise di Arezzo nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 14 luglio ha condannatoil poliziottoLuigi Spaccarotella a sei anni di reclusione per l’omicidio colposo di Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio ucciso l’11 novembre 2007 nell’area di servizio di Badia al Pino, sull’A1, da un colpo di pistola sparato dall’agente, all’epoca in servizio nella stradale.

Motivazioni che sicuramente faranno discutere, così come è stato per la sentenza. “L’ipotesi accusatoria di omicidio volontario nella forma del dolo eventuale non può essere ritenuta adeguatamente e sufficientemente provata, non risulta supportata nè sul piano logico e neppure su quello fattuale da elementi che siano univocamente indicativi”. I giudici spiegano che è difficile capire “cosa possa essere scattato nella mente dell’agente” allorchè ha deciso di porsi in quel modo così anomalo e determinato “pur non trovandosi davanti a un crimine che imponesse interventi decisi”, ma soltanto “a dei banalissimi tafferugli”. Secondo i giudici, l’agente “mai e poi mai può aver seriamente pensato, accettando anche solo vagamente tale prospettiva, che il proiettile finisse invece col colpire e addirittura uccidere taluno degli occupanti.Quel colpo, quindi, fu esploso”volontariamente” da Spaccarotella, smentendo così quando affermato dallo stesso poliziotto che ai colleghi aveva detto di aver sparato anche la seconda volta in aria. Colpo che, per la corte, venne certamente deviato dalla rete. I giudici rilevano anche che l’agente quando sparò “aveva un campo visivo ampio” che gli permetteva di vedere bene l’auto dei tifosi che si trovava al di là dell’autostrada.

Per quanto riguarda i testimoni che avevano visto l’agente con le braccia tese in posizione di tiro, la Corte scrive che la loro “oggettiva rilevanza della distanza del punto di osservazione rende manifestamente evidente l’impossibilità di una concreta determinazione della precisa angolazione del braccio (o delle braccia) rispetto all’asse del corpo, e quindi della possibilità di desumere da ciò se l’obiettivo preso di mira fossero gli occupanti del veicolo o la parte inferiore di questo”. Per la corte, inoltre, “è da ritenere sommariamente probabile che la precipitosa partenza dell’auto sulla quale viaggiava Sandri abbia fatto da detonatore in una situazione vissuta da Spaccarotella come uno smacco per essere stata la serietà della propria iniziativa – ovvero esibire l’arma per costringerli a fermarsi – oggetto non solo di mancata adeguata attenzione ma addirittura come dileggio da parte di quei giovani che di fatto non lo avevano neppure preso in considerazione”.

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