Garlasco, assolto Alberto Stasi: “Sono uscito da un incubo”

di Redazione

Alberto Stasi e Chiara PoggiVIGEVANO. Alberto Stasi è stato assolto in primo grado nel processo sull’omicidio di Garlasco.

Per il gup di Vigevano Stefano Vitelli non fu lui ad uccidere lafidanzata Chiara Poggi il 13 agosto 2007.

Dopo le repliche dei difensori del giovane, il magistrato, che ha celebrato il processo con rito abbreviato, in mattinata siera ritiratoin camera di consiglio.

I pm Muscio e Michelucci avevano chiesto la condanna a 30 anni di reclusione, ritenendo che nei suoi confronti ci fossero indizi “chiari ed inequivocabili”. I legali dell’ex studente bocconiano, nel ribadire la sua innocenza, avevano chiesto invece l’assoluzione perché il processo non ha provato la sua responsabilità e “non si è superato ogni ragionevole dubbio”. La sentenza doveva già arrivarelo scorso 30 aprile, ma il giudice dispose quattro perizie ritenendo “incomplete” le indagini della Procura.

Tuttavia,nonostante questa assoluzione,è certo che il giallo di Garlasco non si chiuderà qui. Infatti, sia gli avvocati di Stasi che quellidella Procura di Vigevano avevano anticipato che, se il verdetto di primo grado non soddisferà le richieste dell’una o dell’altra parte, entrambe ricorreranno in appello.

STASI: “SONO USCITO DA UN INCUBO”. Alla lettura del dispositivo Stasi è scoppiato in lacrime: “Lo sapevo, io non ho ucciso. Sono uscito da un incubo”, ha detto, abbracciando i suoi avvocati. “Ora Alberto non ha nessuna voglia di parlare, questa è stata un’esperienza traumatizzante per tanti punti di vista. – ha detto Angelo Giarda, professore di procedura penale all’Università Cattolica a capo del collegio difensivo – Abbiamo cercato di sostenerlo sia dal punto di vista umano che professionale. Anche i suoi amici hanno fatto la loro parte. La prima cosa che vorrà sarà un po’ di silenzio da parte di tutti”. Giarda ha spiegato che non si sa se l’assoluzione rientri nella mancanza, insufficienza o contradditorietà di prove: “Per sapere cosa il giudice abbia stabilito dovremo attendere di vedere le motivazioni della sentenza”.

I GENITORI DI CHIARA:”SENTENZA NON RENDE GIUSTIZIA”.Amaro il commento di Rita Poggi, mamma di Chiara: “Una sentenza che non rende giustizia”. Insieme al marito ha tenuto una conferenza stampa al termine dell’udienza. I due coniugi hanno preso atto del verdetto “con serenità dato che il giudice ha agito con scienza e coscienza”, ma sottolineano che si tratta solo di un primo tassello dato che i loro legali hanno già pronto il ricorso in appello, che verrà dunque presentato immediatamente: “Continueremo a cercare la verità per nostra figlia”. Giuseppe e Rita Poggi hanno ringraziato i pm, i carabinieri, gli avvocati, i periti e i giornalisti e hanno escluso la possibilità di un riavvicinamento con Stasi: “Non siamo stati noi a ritenere Alberto colpevole ma sono le indagini ad essere andate in quella direzione. – ha concluso il papà di Chiara – Se con il proseguimento dei gradi di giudizio sarà confermata la sua innocenza, vedremo. Certo, se uscirà un nuovo colpevole…”.

I PUNTI CRITICI DELLA VICENDA. Ecco i punti critici dell’inchiesta analizzati dal gup prima del verdetto.

Ora della morte. Chiara è stata uccisa tra le 11 e le 11.30, secondo la prima versione dell’accusa. Nella requisitoria bis il pm Muscio sposta in avanti le lancette del decesso: la 26enne è morta dopo le 12.20 o meglio tra le 12.46 e le 13.26. Un cambiamento d’orario che segue la perizia informatica super partes che stabilisce che Alberto, dalle 9.36 alle 12.20, lavora al file della sua tesi di laurea. Una teoria che non trova d’accordo la parte civile (Chiara è morta tra le 9 e le 10) e la difesa: il decesso è avvenuto tra le 9.30 e le 10.

Scarpe. Impossibile non sporcarsi le suole calpestando il pavimento di casa Poggi, sostiene l’accusa. Nella villetta non ci sono tracce di estranei e non ci sono impronte delle suole delle Lacoste di Alberto che ha scoperto il cadavere della fidanzata. A spiegare le scarpe pulite, però, ci sono esperti in chimica: le suole del ragazzo sono idrorepellenti e potrebbe essersi ripulito continuandoci a camminare per ore.

Computer. Alberto ha sempre sostenuto di lavorare alla tesi di laurea mentre Chiara moriva. Un alibi cancellato dagli accessi illeciti fatti dai carabinieri. Solo ad agosto scorso, due anni dopo l’omicidio, la perizia informatica ricostruisce quanto avvenuto la mattina del delitto. Alberto ha acceso il computer alle 9.35 e dalle 9.36 alle 12.20 ha salvato in continuazione il file.

Bicicletta. “Non è possibile precisare la natura del materiale biologico di Chiara Poggi, presente sui pedali”, scrivono gli esperti super partes. Se è sangue per l’accusa, non si può escludere, precisa la difesa, che si tratti di muco o saliva.

Portasapone. L’impronta di Alberto mista al Dna della vittima viene trovata sull’erogatore del sapone liquido all’interno del bagno dove l’assassino si è lavato prima di fuggire. Una prova per l’accusa, ma per la difesa e i consulenti nominati dal giudice “la più ragionevole e semplice spiegazione è che i due abbiano entrambi toccato l’oggetto, in tempi e per un numero di volte del tutto sconosciuti”. Elementi che rendono il dato “del tutto irrilevante al fine della costituzione di una prova scientifica”, scrivono gli esperti.

Arma. Almeno una dozzina le armi che nel corso delle indagini si alternano: da un martello da carpentiere a un ferro da stiro, fino a una stampella. L’ultima novità arriva da una consulenza dell’accusa: Chiara è stata uccisa con un paio di forbici da sarto, ma da casa Poggi manca, a quanto trapela, solo un martello. L’unica verità è che l’arma non è mai stata trovata.

Movente. Per i pm e la parte civile i due fidanzati litigano la sera precedente. Chiara potrebbe aver visto qualcosa sul computer dello studente. Una lite sfociata nell’omicidio del 13 agosto 2007. “Solo una supposizione”, si limita a ribattere l’accusa.

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