Cuffaro condannato in appello a 7 anni: “Lascio ogni incarico di partito”

di Redazione

Salvatore Cuffaro PALERMO. L’ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro è stato condannato in appello a sette anni di reclusione per il reato di favoreggiamento aggravato dall’avere agevolato la mafia e rivelazione di segreto istruttorio.

Il pm aveva chiesto otto anni. La sentenza in primo grado risaliva a due anni fa, al 18 gennaio 2008, quando l’attuale senatore dell’Udc fu condannato a cinque anni, in quanto era stata esclusa l’aggravante mafiosa. In primo grado Cuffaro era stato anche condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, interdizione che però sarebbe scattata solo in caso di conferma del giudizio anche in appello. Gli altri imputati, Giorgio Riolo e Michele Aiello, sono stati condannati rispettivamente ad otto e a quindici anni.

“L’ho detto prima e lo ripeto anche adesso che avrei rispettato la sentenza con serenità e lo farò anche adesso”. Questo il commento a caldo di Cuffaro dopo la sentenza. “So di non essere mafioso e di non avere mai favorito la mafia”. Il senatore dello scudocrociato ha poi annunciato: “Lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò alla mia famiglia e a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia”.

“Le dimissioni di Cuffaro da ogni incarico di partito sono sul piano politico più eloquenti di ogni nostra parola. Sul piano personale è per noi il momento dell’affetto e della vicinanza a lui e alla sua famiglia”. E’ quanto afferma, in una nota, il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa.

“La corte ha rivalutato il materiale processuale con una meditazione ulteriore che è poi l’essenza del processo di secondo grado”, ha commentato il procuratore generale Daniela Giglio, che ha sostenuto l’accusa al processo d’appello.

Cuffaro avrebbe rivelato al boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, attraverso un suo amico ed ex assessore comunale Udc alla sanità, Domenico Miceli (condannato a 8 anni), che nell’abitazione del mafioso erano state installate microspie e bruciando in questo modo l’inchiesta. Una notizia che Cuffaro avrebbe appreso dall’ex maresciallo dei carabinieri, Antonio Borzacchelli, poi eletto deputato regionale. La procura sostiene anche che Cuffaro si sarebbe incontrato nel retrobottega di un negozio di Bagheria con Michele Aiello, imputato nello stesso processo e ritenuto un prestanome del boss Bernardo Provenzano. Ma l’ex governatore ha sempre sostenuto chel’incontro con Aiello riguardava il tariffario regionale sulla sanità, in quanto Aiello all’epoca era proprietario di una clinica di Bagheria all’avanguardia per la cura dei tumori.

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