ROMA. “La vita di Cucchi si sarebbe potuta salvare. Se fosse stata posta in essere un’idonea terapia si sarebbe potuto scongiurarne la morte”.
Lo affermaPaolo Arbarello, direttore dell’istituto di Medicina legale dell’università “La Sapienza”, nel corso di una conferenza stampa in cui ha illustrato le conclusioni di una consulenza elaborata da un pool di esperti da lui guidati, nominati dai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy che conducono l’inchiesta,per far luce sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni morto doposei giorni dall’arresto, il 22 ottobre scorso all’ospedale “Sandro Pertini”.
“Cucchi non è morto per disidratazione. – spiega il medico – La sera prima del decesso aveva assunto tre bicchieri d’acqua ed erano stati fatti dei prelievi di urina da cui è emersa una corretta funzionalità renale”. Così come non avrebbero causato la morte le lesioni vertebrali, una vecchia e l’altra recente, tipiche di una caduta da seduto, che ha coinvolto il coccige. Queste lesioni, comunque, per i medici legali non erano in grado di provocare la morte.
Il giovane, dunque, sarebbe deceduto perché non curato. A tal proposito, il dottor Albarello spiega: “Abbiamo registrato omissioni e negligenze nelle terapie. Un paziente in quelle condizioni doveva innanzitutto essere trasferito in un reparto adeguato, ma andava anche trattato diversamente da quantoè stato fatto”. Stefano Cucchi, al momento del ricovero nel reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini aveva numerose patologie: il battito del cuore lento, lentissimo, 42 battiti al minuto, era magro, aveva delle disfunzioni ipoglicemiche, problemi di funzionalita’ epatica e squilibrio elettrolitico. “La terapia – ha aggiunto Arbarello – doveva essere diversa.Dunque nonè stato curato bene, nonè stata colta la gravità della sua condizione. E ribadisco: Stefano Cucchiè morto perchéè stato omesso per negligenza un piano terapeutico. In pratica non ci sono state terapie che avrebbero potuto scongiurarne la morte. Con una diversa terapia sarebbe stato salvato”.
Ma per la sorella di Cucchi, Ilaria, il risultato “contrasta con la perizia dei nostri consulenti secondo cui quelle fratture erano tutte recenti e non pregresse. Rimane comunque, secondo noi, un rapporto diretto tra le lesioni e la morte di Stefano”.
Nell’inchiesta sono coinvolte nove persone: si tratta di tre agenti di polizia penitenziaria accusati di omicidio preterintenzionale in relazione al presunto pestaggio e di sei medici del “Sandro Pertini” per le eventuali carenze che si sarebbero verificate nel reparto penitenziario.