ROMA. Non lascerà il Pdl ma creerà una sua corrente interna al partito. Questa l’intenzione di Gianfranco Fini, sostenuto da 55 deputati.
Molti ex colonnelli di An, invece, hanno voltato le spalle a quello che una volta era il loro leader. Un altro documento, infatti, è stato sottoscritto 75 parlamentari, tra cui Gianni Alemanno, Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa e Altero Matteoli, che chiedono di non mettere in crisi il progetto del Pdl.
“Non voglio farmi da parte nè stare zitto, Berlusconi accetti che ci sia dissenso”, aveva detto ieri il presidente della Camera. Un messaggio che Silvio Berlusconi ha accolto non proprio bene, anche se preferisce al momento non forzare la mano e determinare strappi dalle imprevedibili conseguenze. E’ certo, tuttavia, che il premier, secondo alcune fonti, non intende più trattare con il cofondatore del Pdl e soprattutto non vuole riconoscere che all’interno del partito si possa dar vita ad una opposizione interna. “Altrimenti – avrebbe ragionato – meglio che si faccia un partito e si vada al voto, non possiamo andare avanti con questo continuo stillicidio. Il Pdl è nato per restare unito e non per dividersi”.
A sconsigliare di rompere però è Umberto Bossi che non vuole mettere in gioco la legislatura. Del resto il senatur, in una recente intervista a “El Pais” aveva sottolineato la necessità di trovare un’intesa con Fini. L’obiettivo primario dei lumbard è di portare a casa le riforme. E una guerra intestina nel Pdl non aiuterebbe. Ecco perché ancheRoberto Calderoli ha cercato di minimizzare: “Ho sentito dai telegiornali notizie fantasiose, oggi non c’è nessun vertice della Pdl a cui abbia preso parte la Lega ma semplicemente un incontro, già programmato, che abbiamo avuto con Berlusconi e Verdini, mio omologo nel Pdl”.
Ora la partita si sposta a giovedì: se i finiani presentassero il documento firmato martedì, la maggioranza del partito potrebbe votare contro.
LA RUSSA. “Nessuno può impedire che qualcuno lasci il partito, ma tutti possiamo sperare che ciò non avvenga”. Lo ha detto il ministro della Difesa e coordinatore del Pdl, Ignazio La Russa, intervistato nel corso del programma ‘Mattino 5’. “Io assicuro – ha spiegato La Russa – che non è stata un’invenzione di alcuni o una valutazione eccessiva immaginare che fosse pronta la costituzione di un gruppo autonomo da parte dei finiani”. Nessuno, ha ribadito, “può impedire che nasca una corrente minoritaria fortemente contestatrice, che crei problemi alla vita del partito e del governo”. “Tutte le posizioni politiche – ha sottolineato il ministro – non solo sono consentite, ma sono utili al Pdl, purché poi si capisca che il modo per dirimere le questioni è quello della democrazia: si dibatte negli organi che stiamo convocando sempre di più e alla fine chi soccombe accetta le decisioni della maggioranza”. La Russa, poi, ha confessato quello che ritiene sia stato un errore da parte di An: “Io penso che l’errore che abbiamo fatto tutti noi ex di An – ha spiegato il ministro – è stato quello di non consigliare a Gianfranco Fini, o quantomeno non contrastare, la sua decisione di fare il presidente della Camera, anziché rimanere nel partito in cui sarebbe stato, con Berlusconi al governo, il numero uno o il numero due. Questo – ha aggiunto La Russa – ha posto Fini in una condizione di dovere istituzionale che ha incentivato le diversità rispetto a Berlusconi, che gli ha impedito di intervenire nel partito, se non con osservazioni che finivano con essere momenti di rottura. C’é stata anche la nostra minore vicinanza, perché avevamo tutti altre cose da fare, come ministri o nel partito. Ciò ha lasciato spazio ad una visibilità di altre posizioni, di altri amici che hanno finito per scavare un fossato tra Fini e il Pdl, tra Fini e Berlusconi”.