Morte Cucchi, medici accusati di abbandono di incapace

di Angela Oliva

Stefano CucchiROMA. Non più omicidio colposo ma abbandono di incapace, questa è l’accusa a carico dei medici accusati della morte del 31enne Stefano Cucchi.

I pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, hanno contestato, a seconda delle posizioni, il favoreggiamento, l’abbandono di incapace, l’abuso d’ufficio, e il falso ideologico, mentre per gli agenti della polizia penitenziaria l’ipotesi di reato è di lesioni e abuso di autorità. Il geometra romano, deceduto lo scorso 22 ottobre, fu arrestato per spaccio di droga una settimana prima della sua morte e fu trasferito nel carcere di Regina Coeli.

Secondo la deposizione dei pm, firmata anche dal procuratore Giovanni Ferrara, il ragazzo “fu picchiato dagli agenti della polizia penitenziaria e, di fatto, non curato dai medici dell’ospedale Sandro Pertini, i quali, pur avendo ben presenti le patologie di cui soffriva il ragazzo nel corso della degenza, volontariamente omettevano di intervenire”. Contro i medici ed il personale medico, quindi, si profila un’accusa ancora più grave poiché, secondo il capo di imputazione essi “abbandonavano Stefano Cucchi del quale dovevano avere cura in quanto incapace di provvedere a se stesso. In particolare il giovane era affetto da politraumatismo acuto, con bradicardia grave e marcata, alterazione dei parametri epatici e segni di insufficienza renale. Una situazione che lo poneva in uno stato di pericolo di vita e che quindi esigeva il pieno attivarsi dei sanitari che invece omettevano di adottare i più elementari presidi terapeutici e di assistenza che nel caso di specie apparivano doverosi e tecnicamente di semplice esecuzione e adottabilità e non comportavano particolari difficoltà di attuazione essendo peraltro certamente idonei a evitare il decesso del paziente”.

Nell’avviso di fine inchiesta, i pm Barba e Loy scrivono che per salvare la vita al 31enne romano sarebbe bastato anche un cucchiaino di zucchero. Il primario Aldo Fierro , i cinque medici Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Rosita Caponetti e Preite De Marchis e i tre infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe, “hanno – scrivono i pm –volontariamente omesso di adottare qualunque presidio terapeutico al riscontro di valori di glicemia ematica pari a 40 mg/dl, rilevato il 19 ottobre, pur essendo tale valore al di sotto della soglia ritenuta dalla letteratura scientifica come pericolosa per la vita (per un uomo

pari a 45mg/dl), neppure intervenendo con una semplice misura quale la somministrazione di un minimo quantitativo di zucchero sciolto in un bicchiere d’acqua che il paziente assumeva regolarmente, misura questa idonea ad evitare il decesso». Tra le altre omissioni volontarie, ci sono la mancata effettuazione di un elettrocardiogramma, la mancata palpazione del polso e l’assenza di controllo del corretto posizionamento o dell’occlusione del catetere determinando così l’accumulo di una rilevante quantità di urina nella vescica (1400 cc) con risalita del fondo vescicale e compressione delle strutture addominali e toraciche, nonché il mancato trasferimento del paziente con urgenza in un reparto più idoneo quando le condizioni di salute erano ormai diventate assai critiche”

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L’avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo commenta con soddisfazione l’attività investigativa dei pm Barba e Loy: “Noi siamo molto soddisfatti dell’attività investigativa dei pm: il reato di abbandono di incapace è terribile, peggio dell’omicidio colposo. Siamo molto soddisfatti, a prescindere dalla qualificazione giuridica del ruolo delle guardie carcerarie sulla quale noi argomenteremo in seguito, perché riteniamo che Stefano non sarebbe morto se non fosse stato picchiato. Il quadro che emerge dal capo di imputazione è questo: Stefano è morto dopo essere stato pestato ed è morto in una condizione terribile: il capo di imputazione è terribile”.

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