MELFI. Si sono presentati regolarmente in fabbrica a Melfi (Potenza), lunedì alle 13.30, i tre operai Fiat Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, nonostante il telegramma in cui il Lingotto afferma che ”non intende avvalersi delle loro prestazioni”, …
Al cambio turno, i tre operai entratiaccompagnati dagli avvocati e da un ufficiale giudiziario, Francesco D’Arcangelo.
FIAT: “POTETE RESTARE MA NON SULLA LINEA”. Dopo circa un’ora hanno deciso di abbandonare la fabbrica. La decisione di far uscire gli operai è stata presa dai legali della Fiom, dopo che hanno avuto conferma che la Fiat accetterebbe la loro presenza a patto che i tre occupino una saletta e svolgano solo attività sindacale, senza tornare al lavoro sulle linee di produzione L’azienda ha infatti reso noto che non consentirà a Barozzino, Lamorte e Pignatelli di rientrare nelle linee di produzione ma metterà a disposizione la “saletta sindacale” dove restare durante il turno di lavoro, in attesa del pronunciamento del giudice sul ricorso della casa automobilistica.
FIOM: “PRONTI A DENUNCIA PENALE”. L’avvocato Lina Grosso, legale della Fiom, ha comunicato l’intenzione di presentare una denuncia penale alla Procura della Repubblica di Melfi (Potenza) contro la Fiat, per la mancata esecuzione della sentenza. Il legale, inoltre, ha detto che chiederà al giudice del lavoro che ha riammesso i tre operai di “stabilire con esattezza le modalità del loro reintegro. E’ inaccettabile la posizione della Fiat, che vuole relegare i tre operai in una saletta sindacale, mentre il giudice li ha reintegrati nel loro posto di lavoro. In questo modo – ha concluso Grosso – non si esegue la sentenza del giudice del lavoro”.
APPELLO A NAPOLITANO.Enzo Masini, coordinatore nazionale auto Fiom, ha giudicato “inaccettabile” la decisione dell’azienda. In precedenza, la Fiom, che ha proclamato un’ora di sciopero, in un volantino aveva chiesto l’intervento del Presidente della Repubblicaì, “di tutte le istituzioni democratiche” per “intervenire presso la magistratura e ristabilire il principio costituzionale secondo cui la legge è uguale per tutti”. Appello rilanciato da uno degli operai reintegrati che, rivolto al presidente della Repubblica, ha chiesto un suo intervento, dicendo:”Non ci faccia vergognare di essere italiani”. “Non vogliamo essere confinati in una saletta sindacale – ha aggiunto Barozzino – che è distante centinaia di metri dalla fabbrica dove lavorano i nostri colleghi. Dalla saletta non potremmo parlare con nessuno. Per rivendicare i nostri diritti siamo disposti a venire in fabbrica ogni giorno”.
LICENZIATI E POI REINTEGRATI. I tre dipendenti erano stati licenziati a metà luglio dall’azienda perché – secondo la Fiat – durante un corteo interno allo stabilimento avevano bloccato un carrello robotizzato che riforniva altri operai che erano regolarmente al lavoro. Il tribunale ha deciso il reintegro condannando il Lingotto per comportamento anti-sindacale. Lo scorso 20 agosto Fiat ha però fatto sapere di aver presentato ricorso contro la decisione del giudice del lavoro di Potenza di ordinare il reintegro dei tre operai licenziati a Melfi e condannare la casa automobilistica per comportamento antisindacale. L’udienza si terrà al tribunale di Melfi il prossimo 6 ottobre. L’allontanamento dei tre operai è arrivato durante una delle fasi della complessa trattativa che la Fiat sta portando avanti per ottenere un contratto ad hoc per i dipendenti dello stabilimento napoletano di Pomigliano d’Arco, che prevede sanzioni per chi non rispetta le intese.
“VOGLIAMO ESSERE UOMINI CON DIGNITA'”. “Ci presenteremo al nostro posto di lavoro”, aveva detto Barozzino ai microfoni di SkyTg24.”Lo ha ordinato il giudice con un decreto. Se per l’azienda il decreto è carta straccia, se ne assume le responsabilità”, ha aggiunto l’operaio. “Noi non siamo parassiti, vogliamo il nostro posto di lavoro. Cosa significa vi paghiamo lo stipendio? Io la mattina mi voglio alzare e voglio sentirmi un uomo con la mia dignità, i miei diritti e i miei doveri”, diceva ancora Barozzino. E avvertiva: se non dovessero farci entrare “chiameremo le forze dell’ordine”. Nel telegramma inviato ai tre il Lingotto ha fatto sapere che “non intende avvalersi delle loro prestazioni” pur rispettando gli obblighi contrattuali nei loro confronti, fino al 6 ottobre, data
della prima udienza in cui sarà discusso il ricorso dell’azienda contro la decisione del giudice del lavoro che ha reintegrato i tre dipendenti, due dei quali sono delegati Fiom.
FIOM: “ATTO AUTORITARIO”. Secondo il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, “il telegramma inviato dalla Fiat ai tre lavoratori dello stabilimento di Melfi è un atto autoritario affrettato, sbagliato e in evidente contrasto con le leggi del nostro Paese”. “Ci auguriamo – ha aggiunto – un atto di saggezza e di responsabilità da parte della Fiat che consenta ai tre lavoratori di rientrare in fabbrica domani così come, del resto, il 18 agosto ci aveva comunicato di voler fare”. La Fiom ha inviato all’azienda una lettera di diffida in cui “si fa riferimento all’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori che reprime la condotta antisindacale del datore di lavoro e in cui si ricorda che se non ottempera al decreto del giudice del lavoro ricade in quanto previsto nell’articolo 650 codice penale”. Per lunedì alle 12 il sindacato dei metalmeccanici Cgil ha organizzato un presidio davanti alla fabbrica, anche per “informare i lavoratori”. “Chiederemo che i tre entrino come da ordinanza del giudice che è un giudice della Repubblica italiana. Marchionne non può pensare che le leggi dello Stato siano rispettate solo per fare profitto, ma devono essere rispettate anche quando di mezzo ci sono i lavoratori”, ha spiegato il segretario dell’organizzazione della Basilicata Emanuele Di Nicola.
EPIFANI: “IMMAGINE VECCHIA DELLA FIAT”. Intervistato da Repubblica, il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, rileva che ”all’inizio Marchionne appariva come un manager moderno” mentre ”oggi si ripresenta l’immagine della vecchia Fiat che chiede di scambiare il lavoro con la negazione di alcuni diritti”.
SACCONI: “FAR PARTECIPARE LAVORATORI A UTILI”. Intanto, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi condivide la proposta del leader della Cisl Raffaele Bonanni per una partecipazione dei lavoratori agli utili di Fiat. ”Parlare di meno Stato e più società – osserva il ministro al Meeting di Comunione e Liberazione- significa parlare di Pomigliano, di un grande investimento che si realizza non con un incentivo pubblico ma con quanto e’ realizzato dalla disponibilità dei lavoratori ad una maggiore produttività. A mio avviso, questi lavoratori acquisiscono il titolo a condividere un domani i risultati delle loro fatiche non solo in termini di salario fisso contrattuale, ma anche di salario collegato ai risultati dell’attività aziendale”.