ROMA. Tredici in tavola non è il titolo di un film ma semplicemente il numero dei componenti che oggi si sono riuniti a Palazzo Grazioli.
Nella residenza romana del premier Silvio Berlusconi sono giunti Franco Frattini, Sandro Bondi, Ignazio La Russa, Angelino Alfano, Altero Matteoli, Elio Vito, Gianni Letta, Paolo Bonaiuti, Denis Verdini, Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello. Il vertice, nato per fare il punto sul maremoto politico che sta attraversando il Pdl, giunge dopo lincontro notturno avvenuto tra il presidente del Consiglio e il leader della Lega Umberto Bossi durante il quale hanno stilato un documento contro il presidente della Camera Gianfranco Fini.
Berlusconi e Bossi chiedono di poter incontrare al più presto il capo dello Stato Giorgio Napolitano per invitarlo ad intervenire in merito alla scissione dei finiani e, sostenendo lincompatibilità di Fini, chiedono le sue dimissioni. Bossi, comunque, non esclude la possibilità di andare al voto già il prossimo novembre: Stare nel pantano non serve a nessuno: bisogna andare a votare a novembre, che è lunica finestra possibile perché leconomia in questo momento, grazie a Tremonti che ha sistemato tutto, è tranquilla. Ma dipende se Berlusconi vuole andare a votare. Nelle prossime ore il primo passo, non sarà presentare le dimissioni del governo, ma chiedere che Fini sia spostato da presidente della Camera.
Al leader della Lega replica il capogruppo di Futuro e Libertà Italo Bocchino che attacca: La decisione di Berlusconi e Bossi di chiedere formalmente le dimissioni del presidente della Camera Gianfranco Fini è politicamente inaccettabile e grave sotto il profilo istituzionale, violando il principio costituzionale della separazione tra poteri.
Il Pdl è compatto contro il presidente della Camera che ha scatenato una crisi di maggioranza così profonda che si fa sempre più consistente lipotesi del voto anticipato, ma come dichiara il portavoce del Pdl Daniele Capezzone quella di Fini e dei suoi adepti è una battaglia sterile: Gli argomenti di Bocchino sono deboli ai limiti dellinconsistenza. In oltre sessantanni di storia repubblicana, mai nessuno aveva osato usare la terza carica dello Stato per condurre una pervicace azione di parte, per spaccare un partito e costruire un suo partitino scissionista, per attaccare quotidianamente un Governo e una maggioranza.