ROMA. “È un rischio reale”. Così il ministro dell’Interno Roberto Maroni, ospite durante la registrazione del programma di Raitre “Che tempo che fa”, parla del pericolo ipotizzato dal presidente Napolitano di fine anticipata della legislatura.
“Una situazione di conflitto permanente determina questo rischio. Lo dico da ministro dell’Interno prima che da dirigente della Lega”. In caso di elezioni, ha aggiunto, sarà Berlusconi a decidere se ricandidarsi: “Nello schieramento di centrodestra ci sono tante persone, ma in democrazia ci sono delle regole e l’unico che può escludere Berlusconi è lo stesso Berlusconi”.
Il ministro dell’Interno ha poi parlato del caso Ruby, dicendo che le imputazioni nei confronti di Berlusconi da parte della Procura di Milano sono “molto deboli e non hanno sostanza”. Maroni ha aggiunto che, a suo giudizio, la “competenza è del Tribunale dei ministri”. “Voglio ancora sottolineare – ha detto a Fabio Fazio – che dalle indagini della Procura di Milano nessuno ha violato le procedure, la sera del 27 maggio in Questura. Nipote o non nipote – ha insistito riferendosi alla parentela con Hosni Mubarak che avrebbe evocato Berlusconi -, in Questura hanno fatto quello che dovevano fare”.
Il ministro è tornato dunque ad assolvere il comportamento dei funzionari della Questura milanese che, la notte tra il 27 e il 28 maggio, hanno rilasciato la minorenne Ruby affidandola alla consigliera regionale Nicole Minetti. A Fazio che gli chiedeva se davvero Berlusconi credeva che Ruby fosse nipote di Mubarak, Maroni ha replicato secco: “Così ha dichiarato”. Quella sera, conclude Maroni, “è stato fatto quello che andava fatto e non c’è nulla da eccepire nel comportamento di chi ha ricevuto quella telefonata”.
Infine, il titolare del Viminale ha parlato del 17 marzo e della proposta di dedicare la giornata alla festa per i 150 anni dell’Unità d’Italia: “Io lavoro il giorno di Ferragosto, figuriamoci se non lavorerò il 17 marzo. C’è stata una discussione in Consiglio dei ministri su questo. Noi riteniamo che sia opportuno, soprattutto in un periodo di difficoltà come questo, riconoscere in un altro modo i 150 anni dell’Italia. Credo che questa sia stata una scelta un po’ inopportuna dopo di che il Parlamento è sovrano e deciderà”.