MILANO.Il nuovo che avanza è formato “da una gioventù anziana” dalla quale non c’è da aspettarsi un granché. Lo dice, dopo le dimissioni, Cesare Geronzi, dimessosi dalla presidenza di Generali.
A spingereGeronzi al clamoroso passo indietro, meno di un anno dopo il suo arrivo al vertice della compagnia, è stata la mossa a sorpresa di un’ampia fronda di consiglieri, che gli ha prospettato una mozione di sfiducia con una decina di firme (su 17 componenti del cda). Tra queste, quelle di Alberto Nagel e di Francesco Saverio Vinci, amministratore delegato e direttore generale di Mediobanca, che del Leone è primo azionista con una quota del 13,4%.
Geronzi si è visto riconoscere una maxi-buonuscita da 16,6 milioni. Le funzioni di presidente della compagnia saranno per ora svolte dal vice vicario Francesco Gaetano Caltagirone, presidente della società editrice Il Messaggero, fino alla nomina di un nuovo numero uno, prevista per venerdì 8 aprile, quando si riunirà di nuovo il cda. In pole fra i candidati a succedere a Geronzi c’è l’ex presidente di Telecom e Mediobanca Gabriele Galateri.Si parla anche diDomenico Siniscalco che, entrando in Mediobanca, ha detto “Non dico niente” a chi gli chiedeva se fosse interessato alla poltrona di presidente delle Generali. “Lavoro con orgoglio nella mia società. Questa è una visita di business” ha detto Siniscalco.
In un breve colloquio con il Corriere della Sera, Geronzi ricorda che le Generali sono state sempre terreno di battaglie aspre per i presidenti di carattere che hanno voluto svolgere il loro ruolo. E, al contrario, un’oasi per quelle di campanello o per vanesi parrain d’Oltralpe. E fa l’esempio del 2001 e della inusuale decisione della Banca d’Italia, azionista delle Generali, e del governatore Antonio Fazio, amico per anni dell’ex numero uno di Capitalia, di astenersi nell’assemblea che portò alla sostituzione di Alfonso Desiata con Gianfranco Gutty. “Il destino dei presidenti che, come me, hanno cercato di capire le cose”. Ma se è vero che Generali coagulano interessi, e, sottolinea, molti troppi conflitti di interesse, e che gli scontri fanno parte della storia della compagnia, “diciamo che non potevo accettare che scendessero a livelli così beceri. Non ho voluto scrivere una delle pagine più brutte della storia dell’establishment italiano”. Ricordando le decisioni prese nella sua breve esperienza da assicuratore, alla fine commenta: la verità è che la compagnia è eterodiretta. Tutto finito? “No, non è ancora stato scritto il capitolo finale”.