AVERSA. Aversa città del malessere? Aversa città della paura di vivere? Aversa città dellalienazione? La morte, nei giorni scorsi, del giovane Alessandro Pozzi ha portato alla ribalta della cronaca il fenomeno dei suicidi che, purtroppo, nella nostra città sta raggiungendo cifre preoccupanti e sempre più colpisce soprattutto due fasce di età: 20/25 e 45/50 anni.
Due momenti della vita, due tappe durante le quali si fanno, spesso, bilanci per poi ripartire. Bilanci che, probabilmente, spesso vengono ritenuti negativi da chi li compie. E chi non ha una robusta resistenza psichica pensa, alla fine, come ha ottimamente sottolineato Rossella Moro nel suo ultimo articolosu Pupia, che, forse, è più facile buttarsi da un balcone che continuare a vivere. Ma perché i giovani e la generazione del baby-boom si sentono insoddisfatti? Perché credono di aver fallito? Se è vero che, da un lato, ci sono tare latenti, preesistenti che portano a questo processo di autodistruzione, è anche vero che a fare scattare la molla finale è lambiente nichilistico che ci circonda. Aversa continua ad essere un grande paesone dove lo sviluppo non si è fermato. La città normanna ha perso il treno che è passato varie volte. Non ci sono locali particolari. La vita culturale è ai livelli più bassi degli ultimi decenni, nonostante il fiorire di tanti giornali locali. La politica vola basso, non è capace di esprimere scelte che possano, come diciamo sempre noi giornalisti, far voltare pagina. Assistiamo ai soliti piccoli intrallazzi di potere, quale che sia il colore di chi amministra. Il panorama non è dei migliori. Al di là dellemergenza rifiuti delle ultime settimane, le strade aversane sono sporche. Le attività produttive sono inesistenti. Esiste solo un terziario in affanno, che arranca, e le prospettive sono praticamente vicino allo zero. A meno che non sei legato al carrozzone dei potenti di turno che foraggiano limpresa o lo studio professionale amico. Insomma, seguace di quella teoria secondo la quale il nostro carattere, le nostre scelte sono segnate dallambiente, credo che la decisione di togliersi la vita da parte di un giovane o di un ultraquarantenne dipende anche e soprattutto dallambiente nichilistico che ci circonda. E difficile vivere in questa città e chi non ha i nervi saldi sempre più spesso ce lo dice nella maniera più tragica.