ROMA. Il premier Silvio Berlusconi sarà interrogato a Palazzo Chigi martedì prossimo, nel primo pomeriggio, come parte lesa, dai pm napoletani che indagano sulla presunta estorsione da 500mila euro a suo danno orchestrata dai coniugi Tarantini e da Valter Lavitola.
A confermarlo, il procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore. “Ci sarò anch’io”, ha aggiunto Lepore. Intanto, è stato interrogato per sette ore, insieme alla moglie, Angela Devenuto, dal carcere di Poggioreale, Gianpaolo Tarantini. E un nuovo interrogatorio è in programma martedì. Coinvolto nellinchiesta è anche il capo della procura di Bari, Antonio Laudati, poiché in unintercettazione telefonica Tarantini dice a Lavitola: Il procuratore ci sta aiutando!. Laudati, da parte sua, ha inviato una lettera ai colleghi chiedendo di fare chiarezza sul caso e di procedere abbastanza in fretta, operando un’ispezione ministeriale per cui il ministro della giustizia, Nitto Palma, ha già risposto: “Valuteremo, un’ispezione è probabile”.
Nel corso del lungo interrogatorio, i coniugi arrestati giovedì scorso hanno riconfermato la loro versione dei fatti: Silvio Berlusconi versò loro del denaro per “pura liberalità”.Una versione fornita da Tarantini anche in un lungo memoriale consegnato ai pm: 14 pagine in cui ammette di aver ricevuto “complessivamente 20 mila euro al mese, oltre ad altre somme per far fronte ad esigenze extra, fino al mese di luglio e che dal premier sono arrivati 500mila euro per intraprendere un’attività”. Racconta di aver fatto sapere al premier, tramite Lavitola, di trovarsi in difficoltà economiche e di aver per questo ricevuto un aiuto. Quanto al colloquio con Lavitola in cui dice di non essere d’accordo con l’ipotesi di patteggiamento, Tarantini spiega nel memoriale: “Avevo timore che una mia eventuale uscita dal processo avrebbe potuto determinare una caduta di attenzione da parte del presidente per le mie vicende”. Invece, secondo i magistrati napoletani, sta proprio qui “il tentativo di estorsione: nella minaccia di un cambiamento della strategia processuale. Perché – sostengono i magistrati – un processo ordinario, con il suo carattere pubblico, avrebbe potuto danneggiare gravemente Silvio Berlusconi”. I legali della coppia hanno chiesto almeno i domiciliari, cosa che pare possibile solo per la moglie di Tarantini,soprattutto per la sua condizione di madre di due bimbe piccole.
Gli avvocati hanno cominciano a porre dubbi sulla competenza dei pm napoletani: “Finora non abbiamo sollevato dubbi sulla questione della competenza territoriale dell’indagine – hanno detto gli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli – ma ricordiamo che il nostro assistito ha segnalato come alcuni incontri tra lui e Berlusconi siano avvenuti in altre città”. Tarantini ha raccontato la sua verità, ma non pare essere tutta. A dare qualche altro piccolo dettaglio ci pensa Lavitola che, come lo stesso Tarantini, ha deciso di scrivere un memoriale da consegnare ai magistrati. Sul suo capo pende un ordine darresto e Lavitola vuole precisare la sua versione prendendo carta e penna. “Sto preparando un memoriale che consegnerò all’autorità giudiziaria tra qualche giorno, dopodiché rilascerò un’intervista alla stampa nella certezza di chiarire tutto, carte alla mano. Con il mio avvocato stiamo studiando gli atti e seguiamo le concitate indagini in corso, e non appena avremo un quadro generale esaustivo, valuteremo la opportunità del rientro per sottopormi ad un ampio interrogatorio”.
La nota prosegue: “Finora sono stato in silenzio, ma sono stanco di passare per ‘l’Uomo Nero’. Unico artefice di una situazione venutasi a creare solo a causa delle serie difficoltà del Tarantini ed in cui io, per evidenti motivi di opportunità, mi sono limitato a fare da tramite con il Presidente che, come è noto, è sempre spinto da un forte sentimento di solidarietà con le persone che si trovano in disagio e, in particolare, con le persone che lui ritiene abbiamo avuto dei seri problemi solo per averlo frequentato o essergli state vicine”. “Riguardo a quanto dichiarato dalla signora Marinella Brambilla circa una sorta di eccessiva concitazione con cui cercavo di mettermi in contatto con il Presidente, confermo la circostanza, segnalando che non ha nulla a che vedere con l’accusa che mi viene mossa: da anni sono legato da profonda amicizia con il Premier e ho sempre tenuto ad informarlo tempestivamente delle vicende politiche che potessero riguardarlo. Chiamavo insistentemente perchè intendevo aggiornare il presidente di fatti e comportamenti di persone a lui vicine che, a mio avviso, rischiavano di indebolirlo. Di quanto riferisco c’è traccia nella telefonata riportata nell’ordine di arresto. Occorre anche considerare che il Presidente è uomo impegnatissimo, quindi è naturale che per poter accedere ad una telefonata occorre necessariamente insistere”.
“La vicenda Tarantini – precisa il direttore dell’Avanti – non ha mai monopolizzato i rapporti tra me e il Presidente che mi onora della sua amicizia e mi riceve, come emerge dalle intercettazioni e come risulterà di certo ai suoi collaboratori, da vari anni, prima che conoscesse Tarantini. Posso solo affermare che il Presidente Berlusconi mi ha chiesto di aiutare Tarantini e mi chiese anche di assisterlo sul piano personale, perché aveva intuito lo stato di afflizione in cui versava”.