ASCOLI. “E’ pericoloso, è senza un alibi e ha depistato le indagini con la messa in scena della siringa sotto il seno di Melania Rea e il deturpamento del corpo della donna”.
Sono queste alcune delle motivazioni per le quali, lo scorso novembre, la prima sezione Penale della Cassazione ha negato la scarcerazione del caporalmaggiore, in carcere perché accusato di aver assassinato la moglie lo scorso aprile. Salvatore Parolisi, dunque, per la Suprema Corte va processato subito, in quanto unico responsabile della morte della moglie Melania.
Il gip, Giovanni de Rensis, dunque, ha accolto la richiesta della procura di Teramo che vuole mandare a giudizio immediato l’ex istruttore della caserma Clementi di Ascoli.Dal decreto, presentato in cancelleria nella giornata di giovedì, emerge la volontà di mandare Parolisi a processo già entro marzo prossimo, ritenendo infondate le motivazioni addotte dalla difesa.
Contro il caporalmaggiore ci sarebbero ben 241 reperti analizzati dai Ris di Roma, la cui quasi totalità porterebbe Parolisi come unica persona presente al Bosco delle Casermette, luogo in cui è stata ritrovata Melania, al momento dell’omicidio. In particolare, ci sarebbe una prova che gli inquirenti reputano di particolare importanza, ovvero il dna rinvenuto su un sacchetto di plastica, probabilmente utilizzato dalla coppia per fare la spesa nella mattinata del 18 aprile quando si recarono presso un negozio di generi alimentari, così come si vede dalle registrazioni della telecamera posta all’ingresso del negozio.
Il legale della Famiglia Rea, Mauro Gionni, ha fatto sapere che al processo non solo la famiglia si costituirà parte civile, ma anche la piccola Vittoria, la figlia di due anni di Salvatore e Melania.