Milano, i 110 anni dell’Asilo Mariuccia

di Redazione

 MILANO. L’Asilo Mariuccia, fondato nel dicembre 1902, ha compiuto 110 anni, mentre il dottor Camillo de Milato compie circa un anno di Presidenza.

Conoscendo le note vicissitudini occorse dell’Asilo Mariuccia, ho chiesto al nuovo Presidente di rilasciarmi un’intervista.

Da cosa prende il nome, l’Asilo Mariuccia? «Da una dei tre figli di Ersilia Majno, Mariuccia, morta di difterite a meno di 13 anni. Prima di morire aveva lasciato alla madre un testamento verbale: aiutare e sostenere le fanciulle abbandonate o messe sulla cattiva strada».

Come ha fatto Ersilia Majno a fondare una struttura tanto importante? «Ersilia, con l’aiuto di donne emancipate, ha creato un Asilo laico rivolto a giovinette esposte al rischio di essere introdotte alla prostituzione che genitori o protettori infami o la stessa miseria e le stesse promiscuità della strada ponevano sul pendio della “cattiva strada”. Ma il ricovero si basava sul concetto di “cittadinanza sociale”, ovvero non di tipo filantropico/pietista, teso al bisogno immediato, ma si proponeva di porre le basi per un recupero delle ricoverate. Nelle parole del discorso d’inaugurazione del 1903 di Ada Negri, anch’essa impegnata nella salvaguardia delle minorenni, sono elencati i primi successi della “cittadinanza sociale”: ragazzine avviate alla prostituzione, passate attraverso “cose orrende” -come recita la poetessa- impiegate dopo qualche tempo presso opifici o a servizio di benestanti. Tanti casi umani e dolorosi, testimoniati in fascicoli allineati all’interno di un archivio ben conservato presso l’Asilo. Ogni fascicolo ha una storia. Storia triste e commovente all’inizio e poi alla fine del tunnel s’intravede una luce, con un matrimonio, un lavoro, dei figli».

 Ha accolto solo bambine o anche maschietti? «L’asilo negli anni cinquanta accoglie anche i primi minorenni maschi. Sono ragazzini con problemi di disagio familiare o di disadattamento. Anche per loro viene disegnato un percorso pedagogico ed assistenziale che porta al loro recupero».

Come si è sostenuto? «Fino agli anni cinquanta, l’Asilo Mariuccia, guidato dal figlio di Ersilia Majno, Edoardo, è vissuto solo grazie all’elargizione di filantropi e benefattori».

Lei conosceva già questa Fondazione fin da quando era Comandante Militare Esercito Lombardia? «Sì, come la conosceva la gente, solo “come modo di dire” ma non come un Ente vero e proprio».

In questi mesi della Sua Presidenza cosa è cambiato? «Ho voluto incrementare l’approccio relazionale all’interno con riunioni periodiche al personale dipendente, e un nuovo modo di fare comunicazione all’esterno».

Mi può dire come ha inteso fare comunicazione con l’esterno? «In primis ho instaurato il premio “Asilo Mariuccia”. Il primo premiato è stato il Cardinale Carlo Maria Martini, alla memoria. Contemporaneamente abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa con l’Università Bicocca, per la supervisione e la formazione degli educatori dell’Ente. Questo per me è il vero “biglietto da visita” che un Ente può mostrare per assicurare gli Enti locali, sulle proprie competenze professionali, senza incorrere nel pericolo dell’autoreferenzialità. Infine, ho instaurato rapporti molto stretti con l’Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute del Comune di Milano per attuare programmi assistenziali condivisi secondo quelle che sono le emergenze più sentite dal Territorio. Con l’Assessore Pierfrancesco Majorino e il suo Direttore Generale Claudio Minoia, stiamo affrontando insieme un progetto di assistenza moderna e “futurista” sull’edificio in via di ristrutturazione in Via Jommelli. I lavori termineranno fra circa diciotto mesi e vorremmo avere una struttura adeguata a standard attagliati alle nuove esigenze».

Invece per la comunicazione interna? «Abbiamo stilato le linee guida 2012-2017 per mostrare ai Dipendenti la “visione” a medio termine del Consiglio di Amministrazione. Questo genera nei Collaboratori più sicurezza e nello stesso tempo condivisione e collaborazione. Infine, importantissimo, ci siamo dotati del modello organizzativo 231».

 Mi può parlare del modello organizzativo 231? «E’ un modello di organizzazione e gestione orientato ad assicurare condizioni di correttezza e trasparenza nella conduzione delle attività dell’Ente. In pratica, se un dipendente, o io stesso, commette un reato, il Modello 231 tutela la posizione e l’immagine dell’Asilo Mariuccia, senza che le venga addebitata alcuna responsabilità amministrativa a carico. Del modello 231 fa parte il codice Etico, per esempio».

Come valorizza i propri dipendenti? «E’ un tema che vogliamo sviluppare con attenzione, per non creare ingiustizie. Diciamo che stiamo predisponendo misure per premiare la meritocrazia».

Da chi è formato il Consiglio di Amministrazione? «Sono quattro Membri, dei quali due nominati dalla Giunta regionale e due nominati dal Comune di Milano. Essi sono Tiziano Barbetta, ex Presidente dell’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Milano, Silvia Gardino, ex Dirigente del Comune di Milano, già responsabile degli Asili Nido e Scuole Materne, Mario Furlan, Presidente dei City Angels, e Diego Montrone, Presidente di Galdus, Ente di Formazione. Lo Statuto prevede la riunione del CDA almeno due volte l’anno. Noi fino ad adesso, ci siamo riuniti due volte al mese. Mi ritengo fortunato perché sono persone straordinarie e competenti».

La Fondazione ha un Comitato scientifico? «Si, creato da poco. Il Presidente è la dottoressa Susanna Mantovani, pro-Rettore dell’Università Bicocca. Molto conosciuta e stimata. Siamo tutti onorati che abbia accettato l’incarico».

Chi sono i suoi collaboratori attuali? «Il vero motore dell’Asilo è il Direttore Maurizio Faini, sempre presente ogni giorno dalle 0730 alle 2030. Molto attento e preciso, fa dormire notti tranquille a me e ai quattro Consiglieri. Poi, una menzione particolare la devo rivolgere ai due Capi-Polo di Milano e Porto Valtravaglia, Mariangela Mezzopane e Bruno Campagnani. Ma non posso non elencare anche le responsabili di Comunità, come Manuela Comi, Rosanna Giordanelli, Angela Cerbone, Elisabetta Romanò, Raffaella Fantuzzi».

Ci sono altre associazioni nate per darvi supporto? «Sì: l’Associazione Amici dell’Asilo Mariuccia, formata da tanti amici che vogliono mettere impegno e “faccia” per sostenere la Fondazione».

In cosa consiste l’aiuto da parte dell’Associazione Amici dell’Asilo Mariuccia? «Quello di organizzare eventi, aiutare la raccolta del 5 per mille e fund-raising in particolare, proporre idee ed fare sinergia. Gli elementi dell’Associazione sono energia pura. Voglio menzionare gli incarichi chiave: Roberto Spada, Presidente, Giulia Noris, Vice Presidente, Jole Milanesi, Coordinatrice».

 Quali sono gli scopi fondamentali della Fondazione Asilo Mariuccia? «Accogliere mamme con bambini o minorenni in centri di pronto intervento (per ricoveri immediati) o in strutture residenziali per intraprendere con loro, con l’aiuto degli assistenti sociali, un percorso che sani il loro disturbo della vita affettiva, il problema di disadattamento, lo stato di violenza subita. A questo aggiungiamo, specialmente per i minorenni, l’educazione e l’insegnamento professionale».

Siete un Ente religioso o laico? «Laico, come espressamente previsto dallo Statuto originale e quello in vigore. D’altra parte assistiamo donne e bambini provenienti da tutte le parti del mondo, appartenenti a varie confessioni religiose. La nostra laicità le tranquillizza e non le rende prevenute».

Mi può parlare dei ragazzi minorenni di Portovaltravaglia? «Sono ragazzi, alcuni veramente difficili, dove la Scuola tradizionale può fare ben poco, altri provenienti da storie di abusi. I nostri operatori faticano un po’ ad acquisire la loro fiducia, ma poi grazie al loro carisma e al Laboratorio di Educazione al Lavoro (e l’ortoterapia è diventato uno degli strumenti più essenziali) diventano capaci di intraprendere una attività lavorativa. Le statistiche parlano di un “recupero” dei ragazzi quasi prossimo al 100/%».

Le dispiace parlarmi di un caso specifico? «Kevin si presenta minuto, spaventato, intimorito e con una conoscenza della lingua italiana non superiore a quattro vocaboli e una frase (“non sono stato io….”). Impieghiamo un anno a fargli capire che ora non è più in pericolo, ora nessuno lo sfrutterà più sessualmente e che fuori c’è un mondo che lo aspetta, dove noi lo accompagneremo e non lo abbandoneremo sino a quando le sue gambe non saranno cosi forti da reggerlo saldamente».

E ora Kevin cosa fa? «Ora legge, scrive ed anche bene. E’ un operaio specializzato che si occupa di ascensori. Fa manutenzioni programmate ed è anche un piccolo imprenditore. Si è messo in proprio, è iscritto alla Camera di Commercio e soprattutto vive. Senza paura. Domani potrebbe essere Lui il manutentore del Vostro ascensore. Lo riconoscerete: ora è un ragazzo che sorride con i suoi occhi azzurro cielo».

Mi può parlare di un caso di una mamma? «Iris (nome di fantasia), è una mamma ancora bambina, è una bellissima ragazza, che a 18 anni viene inserita coi i suoi due bambini, vivacissimi di un anno, in uno dei Gruppi Appartamento della Fondazione. Ha molta grinta e lo sguardo di una ragazza innamorata dei suoi bambini, ma molto arrabbiata con la vita, per le sofferenze vissute da bambina nel proprio paese d’origine, per esser dovuta crescere troppo in fretta, per essersi trovata da un giorno all’altro senza una casa. Iris si fa anche molto “sgridare”, perché talvolta s’incaponisce e fa delle bravate tipiche della sua età, ma inaccettabili alla luce del benessere dei suoi figli, perché urla con loro e li fa spaventare, perché li trascura trascorrendo lunghe ore sul web, o al telefono. Iris accetta di affrontare un periodo di rielaborazione: sperimenta l’aiuto di una famiglia d’appoggio e accetta poi che i suoi bambini trascorrano una vacanza presso una famiglia affidataria. In questo periodo ha l’occasione di rivedere la propria vita. Chiede e ottiene di partecipare a una breve vacanza organizzata dalla Fondazione e assapora ogni occasione di poter essere “bambina”: chiede gelati, va sugli autoscontri, partecipa alle uscite con un entusiasmo disarmante».

Mi parli anche di un altro caso? «E’ una mamma sopra i quaranta. Durante la prima settimana di permanenza in comunità Sarah (nome di fantasia) si è mostrata confusa e stremata, piangendo in parecchie occasioni ed esprimendo agli operatori le proprie incertezze, apparendo però convinta circa la scelta di allontanarsi dal padre della minore».

Quali sono stati gli episodi che hanno determinato il suo rivolgersi a voi? «Percosse subite con una sedia di ferro sbattuta più volte sulla schiena. Durante le ennesime percosse è caduta su un tavolino di vetro rompendolo con il proprio corpo. Durante le botte, è stata più volte spinta con inaudita violenza contro l’armadio causando danni permanenti alla schiena. Il compagno è fuggito lasciandola a terra svenuta e nel sangue. Per i colpi ricevuti durante la gravidanza gemellare, ha perso una bambina, riuscendo tuttavia a portare a termine la gestazione per l’embrione sopravvissuto alle violenze. Sarah ha il volto visibilmente rovinato da cicatrici causate dai colpi ricevuti e ha raggiunto ottanta giorni totali di prognosi per i molteplici ricoveri al pronto soccorso. Sarah sola, debole, bisognosa e povera di risorse sceglieva, ogni volta, dopo le cure di primo soccorso, di tornare nella casa del suo compagno, ovvero del suo carnefice e le violenze si perpetuavano nel tempo. I parenti di Sarah avevano interrotto i rapporti con Lei ritenendola incapace di perseguire le decisioni spesso assunte di allontanarsi dal compagno senza però mai realizzarle davvero. Ora mamma e figlia vivono sul territorio della Provincia di Milano. Sarah lavora, la bimba frequenta il primo anno delle scuole elementari e nel contempo si stanno ricostruendo i rapporti famigliari con mamma e fratelli. Anche l’altra figlia di Sarah è tornata a casa. La vita è ricominciata».

Quanti sono stati e sono i minori o le mamme ospiti dell’Asilo Mariuccia? «Sono oltre 4.700 i minori o mamme con bambini accolti in 110 anni».

La globalizzazione e i bisogni cambiano il volto della società? «Sì, ma non i casi con problemi di disadattamento, turbe del carattere, violenze, carenze affettive e sociali familiari. Cambia anche l’approccio professionale degli educatori, ai quali è richiesta una specifica formazione, la Laurea in Scienza dell’Educazione. Dalla “cittadinanza sociale”, si passa alla “cittadinanza responsabile”, intesa per i minorenni maschi come forma di educazione e di insegnamento professionale presso laboratori per la loro crescita come persone, ed indirizzata in generale a costituire intorno alle mamme con bambini un ambiente familiare, attuando percorsi educativi finalizzati a far acquisire ad ogni mamma una sufficiente autonomia ed una responsabilità di comportamento tali da consentirle un buon inserimento sociale».

Quali sono i libri che sono in cantiere? «Al momento stiamo sostenendo due bravi educatori che stanno scrivendo due libri di alto interesse scientifico, uno sul trattamento di mamme con bambini, a cura della dott.ssa Elisabetta Romanò, e l’altro sull’Ortoterapia a cura del dott. Angelo Bonfanti».

Che cos’è la Carta dei Servizi della Fondazione Asilo Mariuccia? «E’ il documento attraverso il quale l’intera struttura, in particolare le singole realtà assistenziali, si presentano all’esterno e dichiarano quali prestazioni offrono ai propri ospiti e a quali condizioni».

Quali sono i principi fondamentali sui quali vi basate? «I principali sono: -Eguaglianza– I servizi sono erogati secondo regole uguali per tutti, senza distinzione di sesso, razza, lingua, ceto, religione, opinioni politiche. Il tutto nel pieno rispetto della dignità della persona. Imparzialità – è una specificazione del principio di eguaglianza necessaria a evitare atteggiamenti di parzialità e d’ingiustizia. Continuità – I servizi sono erogati in maniera continua e senza interruzioni che non siano, regolamene espressamente dalla legge o non rientrino in disposizioni vincolanti dell’Autorità. Appropriatezza – Le prestazioni sono appropriate quando sono pertinenti rispetto alla persona, circostanze e luoghi, valide dal punto di vista tecnico-scientifico e accettabili sia per gli utenti che per gli operatori. Partecipazione attuata attraverso verifiche sul grado di soddisfazione degli utenti, con questionari somministrati agli stessi, con periodicità annuali. I risultati ottenuti sono divulgati agli interessati e agli enti affidanti. Pari verifiche sono poste in essere con somministrazione di diversi questionari agli enti invianti. Efficienza ed efficacia – ovvero la capacità di ottenere i migliori risultati sulla base delle risorse definite e disponibili e la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati».

Cosa si aspetta da domani in poi? «Il domani è fatto di buone intenzioni e di forti ambizioni. La crisi economica e sociale porrà forti sfide. Nulla potrà essere fatto senza un passaggio dalla “cittadinanza responsabile” verso una “cittadinanza solidale e sostenibile”. Sinergia, rete, coesione, trasparenza, correttezza, solidarietà, qualità, sono i passi con i quali l’Asilo Mariuccia vuole intraprendere il suo cammino verso i 150 anni di storia. La Fondazione non dovrà alimentarsi solo attraverso rette pubbliche, ma anche auto-sostenersi, e la presenza degli “Amici dell’Asilo Mariuccia” sarà fondamentale. Ma questo potrà avvenire solo con la trasparenza degli amministratori e la conseguente fiducia dei benefattori. Non ultimo la qualità. Non solo infrastrutturale, con la ristrutturazione del grande edificio in via Jommelli a Milano, ma anche professionale. Strategica, in questo, la conclusione degli atti formali per una collaborazione di lavoro e scientifica con l’Università Bicocca (mamme con bambini) e Università Insubria (minorenni maschi) per la supervisione e formazione di queste due università ai nostri educatori, e per aumentare, nel confronto empirico e teorico, le capacità formative e educative. Voltaire soleva dire che ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto. Noi dell’Asilo Mariuccia vorremmo che tante persone non si sentissero colpevoli».

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Principia Bruna Rosco

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