ROMA. “Corre come Mennea”. Quanti, negli ultimi trent’anni, hanno usato questa espressione per descrivere chi correva veloce come il vento? Il vero Pietro Menneaoggi se n’è andato.
E’ morto giovedì mattina, in una clinica di Roma, all’età di 61 anni, l’ex velocista azzurro, olimpionico e primatista mondiale dei 200 metri dal 1979 al 1996. Da tempo lottava contro un male incurabile.
E’stato uno degli atleti più decorati nella storia dello sport italiano. Nato il 28 giugno 1952, a Barletta, per 17 anni è stato detentore del primato mondiale dei 200 metri, stabilito alle Universiadi di Città del Messico, nel 1979. Partecipò alla rassegna da studente in scienze politiche e polverizzò, correndo in 19″72, il precedente record che apparteneva a Tommie “Jet” Smith (19″83). Il tempo stabilito da Mennea resta comunque ancora record europeo.
Un altro statunitense, Michael Johnson, gli strappò il primato alle Olimpiadi di Atlanta, nel 1996. Soprannominato la “Freccia del sud”, nel 1980, a Mosca, con una straordinaria rimonta, conquistò la medaglia d’oro, sempre nei 200 metri, che si somma ai quattro titoli europei, a un argento e un bronzo ai Mondiali, ma anche ad altri due bronzi olimpici, il primo dei quali conquistato sulla pista di Monaco di Baviera ai Giochi del 1972, nella gara vinta dal sovietico Borzov. Mennea è stato anche straordinario staffettista e ha trovato fortuna nei 400 metri piani.
Pietro Mennea “non era un superuomo, ma è riuscito in imprese che hanno fatto la storia dello sport”. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, così a RaiSport, ha ricordato l’olimpionico scomparso. “Sono molto, molto triste. Sapevo della sua malattia, gestita con riservatezza, come era nello stile della persona. È una perdita incolmabile, dobbiamo fare il possibile per ricordare un atleta più unico che raro”, ha aggiunto Malagò, che ha voluto la camera ardente, da domani, presso il Coni al Foro Italico.
Un simbolo italiano nel mondo, e non solo dello sport, ma della volontà, del riscatto che nasce dal “Sud che tutti noi italiani abbiamo dentro”, ha detto il ct della nazionale di calcio Cesare Prandelli. “Il mio ricordo di Mennea, che non ho mai avuto il piacere di conoscere – le parole di Prandelli, la cui squadra stasera, per l’amichevole a Ginevra con il Brasile, giocherè con il lutto al braccio – è il terzo posto alle Olimpiadi del ’72 Tutto nacque da lì, un bianco, italiano, del Sud, che sfidava i neri della velocità, o i grandi dell’est come Borzov. Aveva una determinazione e una volontà fortissime, il dna italiano. Di tutti noi che ci portiamo dentro il nostro sud”.
“Pietro non è stato solo un grande campione, ma anche una persona di rare qualità e un mito per la mia generazione”. Lo scrive in una nota Valentina Vezzali, eletta in Scelta Civica e portabandiera italiana alle Olimpiadi di Londra 2012, esprimendo il suo commosso cordoglio per la scomparsa di Pietro Mennea. “Quando ho avuto la fortuna di incontrarlo – racconta – mi sono sentita una bambina di fronte al suo mito. Lo ricordo con quegli occhi da bambina con i quali lo vedevo compiere imprese per la nostra Italia. È stato ed è un emblema dell’Italia intera che ha dimostrato come lo sport sia una componente importante e vincente del nostro Paese, necessario per trasmettere valori e modelli”.
Il Coniha disposto l’allestimento della camera ardente per giovedì pomeriggio, nella sede del comitato olimpico, a Roma.Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato un cuscino sormontato da una corona di rose bianche e rosse che con il verde del gambo hanno formato il tricolore.