CALTANISSETTA. Otto arresti, tra boss e gregari della cosca di Brancaccio, e perquisizioni in diverse città italiane nell’ambito delle indagini sulla strage di Capaci, dopo le dichiarazioni del collaboratore GaspareSpatuzza.
In azione decine di agenti della Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, sotto il coordinamento del procuratore nisseno Sergio Lari, confermando i nuovi scenari sull’eccidio in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta.
L’ex reggente del mandamento di Brancaccio e fedelissimo dei fratelli Graviano, oltre ad ammettere spontaneamente il personale ruolo nella fase esecutiva dell’attentato, ha fornito elementi di “assoluta novità”, spiegano gli investigatori, in ordine al coinvolgimento degli altri otto boss e gregari della cosca ritenuti corresponsabili dell’eccidio e mai prima d’ora sfiorati dalle inchieste. Un protagonismo, quello del mandamento di Brancaccio, che dimostra, secondo gli esiti giudiziari, “tutta l’importanza acquisita nel tempo e sul campo da quel mandamento mafioso”.
Tra i destinati delle otto misure cautelari c’è il capomafia Salvo Madonia, già detenuto al carcere duro e sotto processo attualmente nell’ambito del processo “Borsellino quater”. Poi Cosimo D’Amato, un pescatore di Santa Flavia, finito in manette nel novembre scorso su ordine dei pm di Firenze che indagano sulle stragi mafiose del ’93: secondo gli inquirenti, avrebbe fornito l’esplosivo utilizzato per gli attentati di Roma, Firenze e Milano. I pm nisseni gli contestano di avere procurato alle cosche anche il tritolo usato per l’eccidio di Capaci. D’Amato avrebbe recuperato l’esplosivo da residuati bellici che erano in mare, consegnandoli a chi doveva allestire l’inferno di morte.
Gli altri arrestati sono Giuseppe Barranca, Cristoforo Cannella, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello, tutti in carcere da tempo, con condanne pesanti per reati di mafia e omicidio.
La nuova inchiesta, si basa sulle dichiarazioni dei pentiti GaspareSpatuzzae Fabio Tranchina. Rilevante il ruolo della famiglia mafiosa di Brancaccio nella preparazione e nell’esecuzione dell’attentato.”E’ stato squarciato il velo d’ombra nel quale erano rimasti alcuni personaggi, mai prima d’ora sfiorati dalle inchieste sull’eccidio di Capaci”, affermano gli investigatori. “E’ stata ricostruita, malgrado il lungo tempo trascorso dal 23 maggio 1992 – aggiungono – in maniera compiuta la fase deliberativa, preparatoria ed esecutiva della strage”, dando un nome al gruppo che procurò i 200 chili di tritolo prelevato in mare. Gli arrestati sono da tempo in carcere dove sono stati ora raggiunti da una nuova ordinanza restrittiva.
“Se c’è un filo che unisce via D’Amelio con la strage di Capaci si chiama Giuseppe Graviano. La strategia è unica e all’indomani della strage di via d’Amelio, Graviano dice aSpatuzzateniamoli buoni, abbiamo tante cose da fare. Graviano forse ha avuto un ruolo piò determinante rispetto a quello di Riina“, ha detto il procuratore aggiunto di Caltanissetta Domenico Gozzo, parlando con i giornalisti dell’operazione.
“Le nuove indagini sulla strage di Capaci hanno consentito di rinvenire ulteriori responsabilità all’interno di Cosa nostra, in particolare nel mandamento di Brancaccio. Ribadisco, come ho sempre detto, che non vi sono mandanti esterni in ordine all’eccidio. L’inchiesta con questo nuovo esito chiude il cerchio attorno a mandanti ed esecutori materiali”, ha sottolineato il procuratore Lari.