Berlusconi: “Non vado in Giunta, è sentenza politica”

di Redazione

 ROMA. Sale alle stelle la tensione in vista della seduta pubblica di venerdì 4 ottobre della Giunta per le Immunità del Senato in cui si dovrà affrontare il caso della decadenza di Berlusconi dall’incarico di parlamentare. Il Cavaliere va al Senato e incontra Schifani.

Dopo circa due ore esce e davanti alle telecamere che lo attendono fuori da Palazzo Madama assicura che lui non sarà in Giunta. Al suo posto parleranno gli avvocati. Questi “giudici”, infatti, dichiara, non si possono considerare “imparziali ed obiettivi perché hanno espresso il loro pensiero in maniera pubblica”. Cosa che “in un organo giurisdizionale non si può fare”. Lui quindi non ci va. Poi riserva l’ennesimo affondo alla condanna: quella contro Mediaset è una “sentenza politicizzata”, ribadisce, contro la quale si ricorrerà alla Corte Europea che gli darà ragione.

“E’ una sentenza politica indegna, architettata a tavolino per fare fuori il leader del centrodestra”, insiste. Ma con domani rischia di finire il suo ventennio? Gli chiedono i cronisti. “Magari – risponde sorridendo – così mi riposo…”. I lavori della Giunta inizieranno alle 9,30, l’ora della sentenza non è prevedibile.

Nel frattempo Berlusconi è alle prese con le conseguenze politiche dello strappo del 2 ottobre, quando i dissidenti del suo partito lo hanno di fatto forzato ad un repentino cambio di idea sulle sorti dell’esecutivo guidato da Enrico Letta. “Il partito è unito, c’è stato solo qualche contrasto interno”, assicura. Anzi: “Vedo tutto questo dissenso sui giornali, ma io stamattina sono stato due ore con Alfano. Non ci sono le cose che vedo sui giornali e sulle agenzie”.

E la fiducia accordata all’ultimo momento? “L’abbiamo votata perché abbiamo avuto assicurazioni sulle cose da fare da Letta ai nostri ministri e nel suo discorso”. Il fatto è che dopo il grande strappo la situazione ristagna. Nel Pdl è il momento della cautela, perché tutti si rendono conto che la posta in gioco è veramente alta e i passi falsi possono essere irreparabili.

Non a caso, il primo atto della giornataè proprio un incontro tra Berlusconi e Alfano. Si prova ad andare d’accordo, o almeno a trovare un’intesa. I due si vedono a Palazzo Grazioli e alla fine viene riferito che il Cavaliere ha deciso di annullare la manifestazione di piazza Farnese organizzata, sotto l’egida dei falchi del partito, in contemporanea con la riunione della giunta delle elezioni.

Alla fine del faccia a faccia viene cancellata la conferenza stampa, prevista per la tarda mattinata, dello stesso Alfano e degli altri ministri. Motivazione ufficiale: Alfano, nella sua veste di titolare del Viminale, deve volare a Lampedusa dopo la tragedia che è costata la vita a centinaia di immigrati. Per lo stesso motivo salta la riunione del gruppo Pdl della Camera, inizialmente convocata per le 13,30, e alla quale avrebbe dovuto partecipare anche Berlusconi in persona.

Nel Pdl resta l’incertezza. Roberto Formigoni, che è stato tra i grandi sponsor dell’operazione dissidenti e a tutti, sulle prime, ha predicato la rapidità nell’istituire i gruppi parlamentari autonomi, tira il freno a mano. Tutto sospeso, fa sapere, perché “abbiamo trovato un Berlusconi dialogante”. Non è d’accordo un altro dei dissidenti all’assalto, Carlo Giovanardi: “Il gruppo al Senato lo facciamo perché Forza Italia non verrà accolta nel Ppe”. Ma questa è materia per le prossime settimane. Domani c’è la giunta per le elezioni al Senato.

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