Roma. Mercoledì la Cassazione, dopo 24 anni dal delitto, si pronuncerò sullomicidio di Simonetta Cesaroni. La giovane fu trovata morta in un ufficio di via Poma, a Roma, il 7 agosto del 1990.
La prima sezione penale della Cassazione dovrà decidere se confermare o meno l’assoluzione di Raniero Busco, all’epoca fidanzato della vittima.
I giudici, presieduti da Umberto Giordano, dovranno esaminare il ricorso presentato dal sostituto pg di Roma Alberto Cozzella contro il verdetto con cui la Corte d’assise d’appello della Capitale, il 27 aprile 2012, pronunciò l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto.
Busco attende fiducioso la decisione della Cassazione anche se non nasconde il dispiacere per il fatto che il processo non si sia chiuso in appello data la sentenza ben motivata. Non è detto, però, che non ci sia un cambio di programma all’ultimo minuto: Raniero e la moglie hanno infatti presenziato a tutte le udienze in passato.
Il processo a carico di Busco iniziò vent’anni dopo i fatti: il 3 febbraio del 2010. In primo grado, invece, Busco era stato ritenuto responsabile dell’omicidio di Simonetta, e condannato a 24 anni di carcere.
A presentare ricorso in Cassazione è stata anche Anna di Giambattista, mamma della vittima e parte civile nel processo. Per la Procura generale della Suprema Corte svolgerà la requisitoria il sostituto pg Francesco Salzano.
Lungo e tortuoso l’iter delle indagini e del processo non privo di colpi di scena. Prima venne fermato Pietrino Vanacore, portiere dello stabile di via Poma, che poi fu scarcerato. Vanacore si suicidò anni dopo, nel 2010, vicino a Taranto. In un biglietto parlò del peso di venti anni di sospetti.
Poi venne indagato Federico Valle, nipote dell’architetto Cesare Valle, che abitava nel palazzo del delitto. Ma Valle verrà successivamente prosciolto.