Arrestato Giacomo D’Aniello: deve scontare residuo di pena

di Redazione

poliziaLUSCIANO. Era sorvegliato speciale con l’obbligo di dimora, ma da lunedì sera Giacomo D’Aniello si trova nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Il 48enne, ritenuto dagli inquirenti uomo di spicco del clan dei Casalesi ad Aversa e nei paesi dell’hinterland (Trentola Ducenta, Lusciano, San Marcellino), deve scontare sei mesi di carcere, un residuo di pena per il reato di ricettazione di polizze assicurative. Gli agenti della polizia di Aversa, diretti dal dottor Antonio Sferragatta, lo hanno ammanettato, in esecuzione di un’ordinanza della Procura di Napoli, nella tarda serata di lunedì nel suo appartamento in piazza Torre a Lusciano. Probabilmente i poliziotti hanno atteso l’ora di rientro dell’uomo, che in estate per i sorvegliati speciali è fissato per le 21 (nel periodo invernale vige l’obbligo di rincasare entro le 19), per trovarlo in casa e informarlo dell’ordine di carcerazione. Per i prossimi sei mesi, dunque, il 48enne sarà costretto dietro le sbarre. Era circa un anno e mezzo che D’Aniello, conosciuto anche con il soprannome “o’ mister” (perché qualche tempo fa allenava una squadra di piccole promesse del calcio), era stato scarcerato per scadenza di termini.

Era sottoposto però alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di dimora a Lusciano, laddove vive da quando ha sposato la figlia di Salvatore D’Alessandro, attuale collaboratore di giustizia. Il tribunale gli aveva concesso di allontanarsi da Lusciano per lavorare presso un negozio di tendaggi ad Aversa. E ad Aversa D’Aniello è un uomo molto conosciuto. Secondo gli inquirenti, infatti, il 48enne sarebbe stato il reggente del clan Biondino dopo l’arresto del padrino. Coinvolto nell’operazione “Ribot” (l’operazione prende il nome di uno dei cavalli più famosi della storia dell’ippica ed è il risultato di un’attività investigativa lunga e articolata che ha preso in esame gli anni dal 1999 al 2000) sulle scommesse clandestine, venne condannato in primo grado a vent’anni di reclusione e fu sottoposto al regime carcerario del 41 bis. Secondo gli investigatori, D’Aniello aveva svolto, nell’ambito dell’organizzazione camorristica, compiti direttivi nel settore delle estorsioni, degli appalti, dei giochi d’azzardo, delle armi e degli esplosivi, ed era figura di spicco nelle attività del clan all’interno degli ippodromi per il condizionamento delle gare e delle relative scommesse.

L’operazione “Ribot” mise fine (con l’arresto di 32 uomini del gruppo dei Casalesi, tra cui alcuni boss e ras emergenti) ad un vero e proprio sodalizio criminale che in soli due anni aveva messo le mani su diverse attività economiche: dai pubblici appalti al reinvestimento in attività imprenditoriali, immobiliari, finanziarie e commerciali degli ingenti capitali derivanti dalle attività delittuose, in particolare dalla gestione dei giochi d’azzardo e dalle alterazione delle competizioni agonistiche in vari ippodromi della Campania con particolare riferimento all’ippodromo di Aversa. Il clan Biondino & C. era riuscito a controllare, secondo quanto riferito dalle autorità competenti, le gare del circuito ippico aversano. Nelle mani della camorra erano finite anche la gestione delle bische clandestine, il monopolio per le estorsioni a commercianti e a ditte che avevano ricevuto appalti e subappalti per la realizzazione degli alloggi dei militari della ‘Us Navy’ a Gricignano.Inoltre, il gruppo avrebbe favorito anche la latitanza di Orlando Lucariello, poi arrestato.

dal Corriere di Caserta, martedì 06.08.08 (Luisa Conte)

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