Scalera: “A Maddaloni nulla è cambiato rispetto a Prima Repubblica”

di Redazione

Carlo ScaleraMADDALONI. Assodate volte, a sfogliare le cronache politiche maddalonesi, sembra di essere tornati ai tempi della Democrazia cristiana di Rosati e di Don Salvatore d’Angelo.

La quale, pur avendo elementi di identità vigorosi (libertà, cattolicesimo, atlantismo), comprendeva un arcipelago di correnti, notabili e perfino di culture diverse, ma mai comuniste. E, in rappresentanza di interessi numerosi e trasversali, avevano dato vita a un sistema di potere che — direbbe Andreotti — si autoalimentava. Ebbene, quali sono le differenze, rispetto alla coalizione che dal 1993 governa la città di Maddaloni? Nessuna. Si prenda il ritorno di fiamma del problema casa, la ridiscussione del piano urbanistico la ricomparsa di certi personaggi ammuffiti dalla politica che ricompaiono. Una cosa molto democristiana.

Nei decenni della Balena Bianca, c’erano temi sui quali il dibattito politico esplodeva a scadenza regolare — urbanistica, pericolo dei comunisti, eccetera — e invariabilmente non se ne faceva nulla. La gente brontolava, alzava gli occhi al cielo e poi votava per la Democrazia Cristiana. Lo stesso teatrino accade oggi, con gli amministratori Maddalonesi che, come gli stanchi croupier di un casinò, continuano a distribuire sempre le stesse carte. Nei secoli dei secoli. E con gli elettori che, pur avendo visto svanire il rinascimento, continuano a votare per il basso impero. In questo modo, promettendo, discutendo, mediando, rimandando, mi ricordo che Fanfani poté resistere quarant’anni a Palazzo Chigi. Il successore di Franco Lombardi e di Gaetano Pascarella, Farina è appena a quota quattro.

Come il ceto democristiano, la sinistra maddalonese invecchia sulle proprie poltrone. I suoi uomini non cambiano mai, malgrado il periodico inserimento di pseudo personaggi affollatati e jolly fantasiosi con contemporanei incarichi di segretari provinciali di sindacati e di amministratori comunali. I giocatori sono sempre gli stessi e, tutt’al più, a ogni nuova smazzata, cambiano di posto, inventano alleanze ardite, sgusciano a destra del sindaco, a sinistra del senatore, alle spalle del partito (anche nella Dc le anime erano molte, intercambiabili e ciascuna in guerra con le altre). Ma al tavolo siedono comunque loro, i Ventrone, gli Sforza, i Santangelo, i d’Angelo. Perché la regola numero uno è che si giochi in famiglia. Staff only.

Non diversamente da quarant’anni fa, il modello maddalonese smentisce la logica della democrazia rappresentativa, la quale — dopo un fallimento di idee e di progetti di governo — vorrebbe che si cambiasse squadra. O per lo meno allenatore. Da queste parti, finora, l’inconsistenza del ceto dirigente è andata a braccetto con la sua inamovibilità. Che il dibattito sulla Cementir riesumi dilemmi a momenti del secolo scorso o che i notabili della sinistra stiano fagocitando e discutendo ancora sulle primarie e tutto questo non stupisce più nessuno. La Balena evoca dimensioni del tempo non misurabili dai comuni mortali. Dunque è irresponsabile. Tempo fa, e sembra anche oggi, si parlava di liste civiche. Sembrava affiorare la consapevolezza che fosse urgente cercare nuove risorse professionali e generazionali, ricostruire il consenso, mobilitare una popolazione in coma politico profondo. Ma il tema stenta e non èpiù ripreso.

Forse la sinistra pensa di essere imbattibile per diritto divino. O forse conta sullo spauracchio della destra, i lupi famelici, gli inquisiti, i corrotti. Come la Dc, la quale lucrava sulla paura che arrivasse Baffone. Il modello è sempre lo stesso.

Carlo Scalera, ambientalista

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