RECALE. I residenti del rione «Baraccone», a Recale, sono indignati. La giunta del sindaco Americo Porfidia, nelle linee guida del nuovo piano urbanistico comunale, ha confermato la volontà di convertire larea su cui insistono i «rottami» dellIndustria calce casertana in zona residenziale e commerciale.
Nessun parco urbano, dunque, ma solo case, uffici e negozi. Il comparto, 47mila metri quadrati a ridosso del centro abitato, ospita un calcificio, che in quarantanni di attività ha procurato danni incalcolabili. Lemissione di polveri di calce e fumi nauseabondi, la creazione di discariche abusive a cielo aperto, hanno compromesso la fertilità dei terreni e minato la salute di generazioni di recalesi. Talmente grave fu valutato limpatto ambientale nel 2001, che il sindaco dellepoca Ovidio Gadola, pressato dai comitati cittadini, emise unordinanza di delocalizzazione che portò allo spegnimento dei forni. Porfidia, pur essendo stato anchegli firmatario nel 2003 di unordinanza (mai appellata) in cui disponeva la chiusura dellimpianto, tre anni dopo, nel 2006, decise di siglare un accordo con il titolare dello stabilimento Giuseppe Vozza. La convenzione, che almeno in parte condizionerà la redazione del nuovo strumento urbanistico, stabiliva che 30mila metri quadrati delle aree occupate acquisissero, nel Puc che di lì a poco lesecutivo avrebbe approvato, una destinazione per metà residenziale e metà commerciale e terziaria. Quel patto non prevedeva interventi di bonifica dei suoli, sebbene il progettista del piano Luigi Barone lo suggeriva, né una riqualificazione vera dellarea, e per queste ragioni fu bollato dalle associazioni ambientaliste «Aria» e «Cruna» e dagli oppositori di Porfidia come una sorta di contrappeso economico ai costi che Vozza avrebbe dovuto sostenere per smantellare limpianto, ridotto a un reperto di archeologia industriale. «Riteniamo dichiara lassessore allurbanistica Francesco Porfidia che quella convenzione, corretta in base ai nuovi e più restrittivi parametri del piano, sia ancora valida, se non altro perché ci permette di superare quella sentenza del Consiglio di Stato che rende possibile la riaccensione dei forni. Lalternativa al dialogo aggiunge Porfidia sarebbe una lunga lite giudiziaria dallesito incerto».
da “Il Mattino”, venerdì 19.09.08 (di Claudio Lombardi)