SANTA MARIA CV. Tre persone ritenute appartenenti al clan dei Casalesi – fazione Schiavone sono state tratte in arresto conl’accusa diaver favorito la latitanza diCarmine Morelli, arrestato lo scorso 29 marzo a Santa Maria Capua Vetere.
Si tratta dei fratelli Vincenzo e Lorenzo Di Palma, di 35 e 29 anni, e di Mario Tiglio, 55 anni, tutti già detenuti dopo larresto avvenuto in concomitanza con quello di Morelli. La nuova misura restrittiva è scaturita dalla richiesta di reiterazione del provvedimento cautelare a carico dei tre uomini da parte dei pm della Dda di Napoli, sulla scorta delle risultanze investigative acquisite dalla squadra mobile di Caserta, anche attraverso i servizi di intercettazione, nel corso delle indagini condotte per la cattura di Morelli, che hanno permesso di rilevare lo stabile e continuo aiuto fornito dai citati fratelli Di Palma e da Tiglio al latitante, al fine di consentirgli di sottrarsi alle ricerche delle forze dellordine ed evitare la cattura. A carico degli arrestati vi è laggravante del metodo mafioso, in quanto lazione di favoreggiamento è stata perpetrata con la finalità di agevolare il clan dei Casalesi di cui Morelli è ritenuto elemento di spicco.
Ricercato dal luglio 2010, Morelli veniva catturato dagli agenti della squadra mobile di Caserta edei reparti prevenzione criminein un appartamento sito al quarto piano del civico 2 di via Perla. Su di lui gravano due ordinanze di custodia cautelare: una emessa il 3 dicembre 2010 dal gip di Napoli, su richiesta della procura antimafia, per concorso nel triplice omicidio Papa-Minutolo-Buonanno, avvenuto nel maggio 2009; laltra il 23 luglio 2010 dal gip del tribunale di Cassino (Frosinone) per reati di furto in abitazione, minacce aggravate dalluso di arma e di ricettazione.
Secondo gli investigatori, Morelli fu uno degli assassini materiali di una delle tre vittime, Francesco Buonanno, esplodendogli a bruciapelo dei colpi darma da fuoco, per poi colpirlo al volto con una spranga al fine di sfigurarlo e ritardarne il riconoscimento. Da allora vi è stata unascesa criminale di Morelli, sino ad allora con ruoli marginali allinterno del clan, fino a diventare lemissario della fazione Schiavone nel frusinate (con numerosi atti intimidatori a scopo estorsivo nei confronti di imprenditori di origine casertana che operano in quel comprensorio) e, di recente, dopo i numerosi arresti che ne avevano decimato le fila, addirittura il reggente e gestore della cassa.
Allinterno dellabitazione in cui si nascondeva, Morelli veniva trovato in compagnia di alcune persone, tutte arrestate per favoreggiamento. La squadra mobile individuava anche un altro rifugio del latitante, in una seconda abitazione situata sempre a Santa Maria Cv, in via De Gasperi, dove, in un marsupio, veniva rinvenuta una pistola calibro 9×21 di fabbricazione ungherese, risultata rubata nel 2008 nel salernitano.
Con la cattura di Morelli sono stati arrestati tutti i componenti del gruppo che ideò, organizzò ed eseguì il triplice omicidio, compreso colui che è ritenuto il mandante: Nicola Schiavone, figlio di Francesco Sandokan. Gli altri sono Francesco Salzano, catturato il mese scorso in Brasile, dove aveva trovato rifugio, Francesco Barbato,Roberto Vargas, Eduardo Di Martino, Nicola Della Corte, Francesco Della Corte e Salvatore Laiso, questultimi due poi divenuti collaboratori di giustizia, mentre Crescenzo Laiso, fratello di Salvatore, anchegli ritenuto componente del gruppo che aveva partecipato al triplice delitto, veniva assassinato il 20 aprile scorso in un agguato di chiara matrice camorristica.
Papa,Minutolo eBuonanno, tutti diSanta Maria la Fossa, furono uccisi nelle campagne tra Casal di Principe e Villa di Briano, nel maggio 2009. I tre erano deditiad attività estorsive nellambito del gruppo derivato dalla vecchia fazione Bidognetti, capeggiatoin quelperiodo da FrancoLetizia, considerato l’erede di Giuseppe Setola e arrestato il 19 maggio 2009. Estorsioni mal tollerate, però, da altre famiglie del clan dei Casalesi, come gli Schiavone,in quel momento prevalenti. In particolare, avevano chiesto somme di denaro ad un’impresa casearia riconducibile alla famiglia Schiavone, agendo d’intesa con esponenti dell’ala bidognettiana.