Arrestati nove esponenti di spicco del clan “Caterino-Ferriero” di Cesa, accusati, a vario titolo, di tentati omicidi e attentato dinamitardo. In manette sono finiti gli imprenditori cesani Domenico Ferriero, 62 anni, e Michele Ferriero, 31 anni, padre e figlio, ritenuti tra i reggenti del clan.
Tra gli arrestati figurano anche alcuni elementi contigui all’ala stragista del clan dei Casalesi capeggiata dal boss Giuseppe Setola. La presenza, tra l’altro, di persone provenienti dal napoletano testimonia, secondo gli inquirenti, i legami ed i “favori” tra il clan cesano e quelli dell’area partenopea. Nello specifico, le accuse riguardano il tentato omicidio di Tammaro Scarano, avvenuto il 7 agosto 2008 in via dei Gigli a Cesa, quando il giovane fu raggiunto, mentre era nella sua Lancia Y fu raggiunto da decine di colpi di pistola, ma si salvò per miracolo riuscendo a scappare verso casa. Destino più crudele, invece, per suo fratello Vincenzo, ucciso lo scorso 8 gennaio in via Matteotti, mentre era nella sua Fiat Punto dopo che era uscito dal bar Sweet Coffee.
Altro tentato omicidio oggetto d’accusa è quello a danno dell’imprenditore Vincenzo Esposito, lo scorso 20 settembre, quando anch’egli riuscì a sopravvivere per miracolo, nonostante fosse stato raggiunto alla nuca da alcuni proiettili. Infine, l’attentato dinamitardo alla concessionaria “Tony Car”, situata nei pressi del cimitero di Cesa, compiuto nell’agosto 2008. Ognuno degli arrestati ha avuto un preciso ruolo nei tre capi d’accusa.
L’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, è stata eseguita dai carabinieri del gruppo di Aversa, agli ordini del tenente colonnello Francesco Marra, dai nuclei radiomobile ed operativo, coordinati dal tenente Domenico Forte e dal tenente Giuseppe Fedele, coadiuvati da personale dei comandi provinciali di Caserta e Napoli e del X° Battaglione Campania. Circa cento i militari che hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare disposte dal gip di Napoli su richiesta dei magistrati della procura antimafia presieduta dal dottor Franco Roberti. Le indagini, avviate oltre un anno fa, sono state corroborate dalle rivelazioni di un collaboratore di giustizia.