AVERSA. Ci eravamo ripromessi qualche ragionata nota a margine dellincontro socio-politicopiù o meno civico e trasversale intitolato Con rabbia e frustrazione tenutosi ad Aversa lo scorso 6 febbraio. Ed eccoci qui.
Per farci unidea abbastanza chiara e fedele di quanto si è trattato in tale riunione (data la nostra assenza giustificata) abbiamo interpolato le varie cronache giornalistiche – in particolare quelle a firma di Raffaele De Biase e di Ida Iorio – ed il puntuale resoconto degli interventi pubblicato da Luca de Rosa. Da qui abbiamo sviluppato le nostre osservazioni.
Procederemo, dunque, per punti in modo da facilitare sia lesposizione, sia la lettura.
La comunicazione
Avendo già affrontato en passant questo tema alla vigilia dellincontro, ripetiamo qui, senza ipocrisie, che non si poteva individuare un titolo peggiore di Con rabbia e frustrazione. Beninteso, è indubbio che sia tuttora tanta la rabbia e la frustrazione da parte dei (pochi) cittadini aversani più sensibili ed avvertiti, ma trasmettere di primo acchito questi sfigatissimi stati danimo – da sconfitti in partenza e quasi compiaciuti di esserlo – non poteva certo comportare riscontri positivi, specie in termini di partecipazione di pubblico. E così è stato, infatti. Anche perché tale titolo ha evidenziato subito e fortemente un (vecchio) taglio politico-culturale ultra-oppositorio, e quindi di parte, che ci pare non fosse nelle intenzioni aperturiste dei promotori. Questi rilievi potranno forse apparire come dei trascurabili dettagli, ma in realtà non lo sono affatto, specie al giorno doggi .ed il Cavaliere di Arcore dovrebbe avercelo indirettamente insegnato. Parafrasando un vecchio adagio, chi ben comunica è a metà dellopera e pertanto sarà bene adottare per le prossime occasioni un linguaggio e dei codici di comunicazione più moderni, assertivi e positivi e meno gruppettari ed aggressivo-depressivi. La stessa prescelta denominazione di Comitato di Allerta Civico non fa per niente pensare ad un movimento socio-politico orizzontale e di partecipazione ed intervento dal basso, ma richiama piuttosto alla mente un mix tra Bertolaso, la Protezione Civile e i vigilantes tipo ronde pa dane. Insomma, sul fronte della comunicazione efficace verso lesterno cè ancora molto da fare e da studiare.
Politica ed antipolitica
Tranne gli interventi di Cantile, Rammairone e qualcun altro, si è assistito a degli assurdi e poco credibili peana antipolitici ed antipartitici. Assurdi perché qualsiasi forma reale ed efficace di democrazia ha necessariamente bisogno della mediazione-sintesi politica dei partiti, specie se in presenza degli importantissimi corpi intermedi costituiti dai comitati civici. Poco credibili perché alcuni detrattori dei partiti, intervenuti allincontro in questione, devono tuttora agli stessi partiti la loro autorevolezza. Tra laltro non è serio, né accettabile che storici uomini di partito sputino oggi su tali fondamentali aggregazioni sol perché ne hanno personalmente perduto i punti di riferimento. Il problema, semmai, è un altro ed è spaventosamente oggettivo: gli attuali partiti politici italiani sono come dei treni rotti .dunque, o si riparano o se ne costruiscono di nuovi, ma di certo non si possono eliminare le ferrovie. Per giunta è un puro controsenso, oggi, perorare la causa antipolitica ed antipartitica poiché lattuale Seconda Repubblica è sorta proprio dal trionfo della cosiddetta società civile e dalla negazione-azzeramento dei politici di professione e dei partiti storici. Allora se è vero, come è vero, che oggi, ad Aversa come in Italia, si riscontra una degenerazione ben peggiore di quella della vecchia Prima Repubblica, questa stessa degenerazione non può essere addebitata alla società politica, morta e sepolta più di quindici anni fa, bensì alla cosiddetta società civile che, in un modo o nellaltro, lha sostituita nei centri di potere. Purtroppo in tale equivoco di fondo (reale o artatamente creato?) continuano a cadere o vengono fatti cadere tanti sinceri ma sprovveduti cittadini che vorrebbero davvero adoperarsi per un reale miglioramento delle cose, ma che, sviati dalla corretta comprensione dei meccanismi di partecipazione ed impegno democratico, finiscono col darsi allimproduttiva ed episodica jacquerie localista e qualunquista-giustizialista di chiaro segno reazionario.
Il rinnovamento ed i giovani
Non siamo stati mai particolarmente affezionati a quel nuovismo generazionale a tutti i costi che tanto è andato di moda negli anni passati e che forse è ancora in auge nonostante le non poche deludenti esperienze realizzate in tal senso. Tuttavia non è più umanamente tollerabile ritrovare in certe riunioni per il rinnovamento, ed in posizioni tuttaltro che defilate, gli stessi volti, ormai incartapecoriti dal tempo, di dieci, quindici ed a volte perfino venti ed oltre anni fa. Ovviamente non si tratta di un mero problema estetico: in alcuni casi potremmo essere di fronte ad una sorta di sindrome del pensionato della politica, in altri a furbeschi e capziosi tentativi di ri-autoimposizione. Certo, a tali rilievi gli onnipresenti seniores della politica locale possono controbattere facilmente osservando, per esempio, che in mancanza di un ricambio spontaneo ed efficace delle classi dirigenti loro si trovano doverosamente costretti a riproporsi. Ma fino a che punto è davvero plausibile e ricevibile una giustificazione del genere? Fino a che punto una loro riproposizione od onnipresenza in prima fila può rivelarsi davvero efficace, opportuna e produttiva? E vero, infatti, che buona parte dei giovani volti nuovi mancano clamorosamente di esperienza-background e spesso anche di stomaco e cuore per affrontare le asprezze ed i sacrifici di quella Politica notoriamente impastata di sangue e merda; è vero anche che dietro certe post-adolescenziali dialettiche, tecnicamente forbite ed esib izionisticamente barocche, cè spesso il nulla in termini propositivi e di azione concreta, efficace, assidua e costante. Ma se non si lascia il campo completamente sgombro da quei volti e da quelle voci che, nel bene o nel male, hanno già dato e dimostrato, si inibiranno e siridurranno sempre più quelle già poche speranze di un credibile e reale rinnovamento di uomini, idee e prassi. I seniores della politica non debbono certo sparire, ma di sicuro debbono fare due o anche tre passi indietro, e da subito, limitandosi a fornire consigli, solo se richiesti, e mai provando ad imporsi psicologicamente come guide, perché i nuovi debbono avere anche il diritto di sbagliare…. da soli! Pertanto i veri e sostanziali protagonisti di un auspicabile cambiamento possono essere annoverati solo tra i ventenni ed i trentenni, possibilmente espressioni di quelle eccellenze offerte dal mondo universitario ed associativo. Se ciò non fosse possibile, meglio lasciar perdere perché non varrebbe assolutamente la pena di struggersi in operazioni, chiaramente perdenti, di maquillage di obsolete impostazioni mentali e politiche.